Ragazze travolte da un'auto a Roma, parla l’amico di Paolo Genovese: «Impossibile evitarle»

Il racconto dello studente 20enne, in macchina con l'investitore la sera dell’incidente: «Era buio, ho visto due sagome apparire dal nulla e poi il corpo di una di loro balzare sopra il cofano»

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di Redazione
28 dicembre 2019
12:08
Corso Francia, luogo della tragedia a Roma - Fonte Radio Radio
Corso Francia, luogo della tragedia a Roma - Fonte Radio Radio

«Quelle due ragazze sono sbucate all’improvviso, correvano mano nella mano. Mi creda, era impossibile evitarle. Pioveva, era buio, ma ricordo perfettamente cos’è successo: ho visto due sagome apparire dal nulla e poi il corpo di una di loro rimbalzare sopra il cofano».  Così inizia l’intervista del Messaggero a Davide A., studente 20enne e migliore amico dell’investitore Paolo Genovese, in macchina con lui una settimana fa al momento dell'impatto nella notte del 22 dicembre scorso che ha visto la morte delle due 16enni Gaia e Camilla.

 


«Eravamo appena andati via da una cena a casa di amici al Fleming dove avevamo festeggiato il ritorno di un amico dall’Erasmus. Avevamo bevuto qualche bicchiere di vino, niente di più. Era da poco passata la mezzanotte - spiega Davide - e avevamo imboccato Corso Francia per andare verso il Treebar al Flaminio. Pietro guidava, io ero seduto accanto a lui e dietro di noi, sul sedile posteriore, c’era un altro nostro amico che al momento dell’incidente però stava mandando un messaggio con il cellulare e dice di non aver visto nulla».

Il racconto

Alla domanda su quale fosse la velocità alla quale andava il conducente, il ragazzo risponde: «Non so, ma anche volendo non avremmo potuto correre. Su Corso Francia era appena scattato il semaforo verde e l’auto era ripartita da poco». Poi il racconto degli attimi in cui si è consumata la tragedia: «Mentre passavamo davanti a una macchina che aveva rallentato alla nostra destra sono sbucate due sagome. Correvano. Credo volessero scavalcare il guardrail per raggiungere l’altro lato della strada. Ricordo di aver sentito un botto tremendo. E di aver visto una di loro sopra il cofano dell’auto. E' successo tutto in una frazione di secondo. Il tempo di renderci conto di quello che era successo e accostare l’auto sulla destra, poco prima della rampa. Non potevamo inchiodare in mezzo alla strada. Dall’incidente al momento in cui ci siamo fermati saranno passati 5-10 secondi», ricorda ancora.

L'impatto con le due ragazze

Davide a quel punto scende dalla macchina e vede «il corpo di una delle due ragazze per terra, mi sono avvicinato per sentire il battito, non si muoveva. Poco più avanti mi sono accorto che c'era anche l'altra ragazza sull'asfalto. Subito dopo di me sono scesi Pietro ed Edoardo. Le macchine continuavano a camminare, ricordo di aver visto una, forse due macchine investirle di nuovo». Alla domanda se Pietro Genovese fosse ubriaco, il testimone replica: «Aveva bevuto un paio di bicchieri di vino, ma non era ubriaco o drogato: nessuno quella sera aveva fumato canne».

«Non si poteva evitare»

«Qualcuno che aveva assistito all’incidente aveva già chiamato l’ambulanza, io ho chiamato i miei genitori, gli altri anche: eravamo tutti sotto choc», spiega ancora il 20enne, che racconta come ha saputo dell'arresto dell'amico: «Mi ha scritto un messaggio: 'Sto andando in Questura, mi stanno arrestando'. Poi più nulla, sono in contatto con la famiglia».

 

Sulle due segnalazioni per possesso di stupefacenti di Genovese, il giovane conferma: «È vero, una volta gli trovarono una canna in macchina e ogni tanto capitava che andasse un po' veloce, ma - dice -non è un pazzo alla guida. E quello che è successo non si poteva evitare. Da quella sera - aggiunge - sono uscito di casa solo una volta per andare a trovare Pietro: sta malissimo, piange tutto il giorno, siamo molto preoccupati per lui».

 

Ha mai pensato di contattare le famiglie delle ragazze? «Ci penso tutti i giorni - assicura -, ma cosa potrei dirgli? Mi dispiace per quello che è successo? Sono distrutto? Da quella sera, io, Pietro ed Edoardo non dormiamo più, non mangiamo più. Ma siamo vivi. Quando me la sentirò la prima cosa che voglio fare è portare una corona di fiori a Corso Francia. Gaia e Camilla avevano solo pochi anni meno di me. È un dramma - spiega lo studente - per tutti».

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