Silvia De Bon mostra il pollice in alto in segno di vittoria. Dal suo letto di ospedale pensa all’accaduto e sfodera un grande sorriso. È stata lei, giovane pilota di 22 anni, a far atterrare in emergenza a 2.100 metri di altezza, il piper che era in volo da Trento a Belluno. Sull’ultraleggero viaggiava in compagnia del fratello Mattia di 27 anni e della sua fidanzata, Giorgia Qualizza di un anno più grande. Ora che la grande paura è passata, Silvia ricostruisce a sangue freddo i minuti che hanno preceduto l’incidente.

«Improvvisamente – racconta la ragazza al Corriere del Veneto che l'ha intervista presso l'ospedale di Trento dove si trova ricoverata – il velivolo ha iniziato a perdere potenza al motore, a causa del freddo e dell'aria più rarefatta. Stavamo sorvolando le cime di Lagorai, in Trentino. Ho dovuto decidere cosa fare in pochissimo tempo. Più si tira la cloche più la velocità scende e si precipita. Stavamo andando a sbattere contro la montagna e allora ho cercato di mettere l’aereo in piano col pendio. So che è sbagliato, che non bisogna assolutamente farlo, ma ho fatto “cadere” l’aereo di pancia. E grazie a questa manovra avventata se io, mio fratello Matia e Giorgia ci siamo salvati. Se fossi andata a schiantarmi in maniera dritta, avrei distrutto il muso e le conseguenze sarebbero state peggiori. Così come se avessi provato a tornare indietro: avrei centrato il costone e distrutto tutta la parte laterale del Piper. In quel momento la cosa più giusta era probabilmente fare così».

«Dopo lo schianto – continua Silvia con lucidità – siamo riusciti a uscire dall’abitacolo del piper, abbiamo chiamato il numero di emergenza 112 e ci siamo incamminati fino a un vicino bivacco in attesa che arrivassero i soccorsi. Siamo stati davvero molto fortunati».

Con il motore dell’aereo ormai in avaria, Silvia ha letteralmente fatto “planare” l’ultraleggero. L’area dell’incidente, dove si trova ancora il piper PA”28, è stata messa in sicurezza. Il mezzo è stato ancorato a un masso per evitare che potesse scivolare a valle, mentre il serbatoio è stato svuotato. Due le inchieste aperte: una della Procura di Trento, l’altra dell’Associazione nazionale sicurezza del volo.

Intanto, Silvia annuncia che tornerà presto a volare, nonostante la tremenda avventura e non ascolterà i consigli di suo padre: «Mi dispiace, ma mio padre io non lo ascolto. Gli dico sempre: “Se tutte le persone che fanno un incidente stradale - confessa al Corriere del Veneto - smettessero di guidare la macchina, non guiderebbe più nessuno”. Vero che quando si è per aria le cose non sono uguali, ma il concetto è simile. Se faccio un incidente non mi faccio spaventare, io la determinazione ce l’ho, voglio diventare una pilota di linea, tipo quelli Ryanair. Poteva succedere a chiunque e anche in altre occasioni: se fossi stata in strada, tornando a casa, o se mi stessi dirigendo in aeroporto».