Si chiama “google bombing” ed è il benvenuto che un gruppo di attivisti ha riservato al presidente Trump in occasione della sua visita nel Regno Unito il 16 luglio scorso. A dire il vero il fenomeno, nonostante le scuse giunte da Google, è solo parzialmente rientrato con il trascorrere delle settimane, tanto che ancora adesso inserendo nel motore di ricerca più usato del mondo la parola “idiot” (trad. idiota, cretino), i risultati forniscono una sequenza di primi piani dell’inquilino della Casa Bianca in tutte le varianti possibili. Con un fungo atomico al posto dei capelli, con un gatto in testa, nei panni di un’arancia con il parrucchino.

 

Insomma, nonostante le scuse del colosso americano, il google bombing nei confronti di un presidente che di certo ha poco appeal e molti motivi per essere deriso, non si ferma qui. Per adesso, Google, ha liquidato la questione dando la colpa al buon vecchio, imprevedibile, algoritmo: «A volte i risultati della ricerca possono includere elementi di disturbo – si legge in una nota dell’azienda- ma le opinioni espresse da questi siti non sono in alcun modo approvate da Google. Il posizionamento dipende in gran parte da algoritmi informatici che utilizzano migliaia di fattori per calcolare la pertinenza di una pagina per una determinata query». Sarà, ma per ¾ del mondo, adesso l’idiota per definizione ha la faccia di Trump.