L'indagine è durata un anno e mezzo ed è partita da una segnalazione anonima relativa alla presenza di materiale pedopornografico all'interno di un cloud. Gli esperti della Polizia postale pugliese hanno quindi analizzato le immagini che ritraevano minori in atti sessualmente espliciti. Video e foto sono stati poi «categorizzati secondo gravità» spiegano gli investigatori, e utilizzati per ricostruire le tracce informatiche lasciate dai soggetti che a vario titolo vi erano entrati in contatto.

A quel punto la Procura ha emesso i decreti di perquisizione, estesi ai sistemi informatici degli indagati, che hanno consentito agli operatori di ispezionare e sequestrare circa 60 dispositivi, oltre a numerosi spazi virtuali. Nel complesso il materiale sequestrato ammonta a più di 500 Terabyte di volume. In 8 casi di detenzione di ingente quantità di materiale pedopornografico, gli agenti hanno proceduto agli arresti in flagranza di reato.

«Il trend nel contrasto alla pedopornografia segna un costante aumento dei casi - dicono gli investigatori -, scoperti dalla Polizia postale grazie al costante monitoraggio della rete e alle denunce e segnalazioni dei cittadini, con l'obiettivo di individuare gli autori e salvaguardare e tutelare i minori eventualmente coinvolti».