Preti pedofili, decisione storica del Papa: abolito il segreto pontificio

Viene anche stabilito che il reato della pedopornografia sussiste fino a quando i soggetti hanno 18 anni e non più 14

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di Redazione
17 dicembre 2019
16:07
Papa Francesco Bergoglio
Papa Francesco Bergoglio

Una svolta storica nella Chiesa, dopo i molteplici scandali che la vedevano coinvolta nella pedopornografia. Con due documenti Papa Francesco, nel giorno del suo 83esimo compleanno, abolisce il segreto pontificio nei casi di violenza sessuale e di abuso sui minori commessi dai chierici.

 


Bergoglio lo ha stabilito emanando l'Istruzione «Sulla riservatezza delle cause», cambiando la norma riguardante il delitto di pedopornografia e facendo ricadere nella fattispecie dei «delicta graviora» - i delitti più gravi - la detenzione e la diffusione di immagini pornografiche che coinvolgano minori fino all’età di 18 anni.

 

Il Vaticano abbatte, così, quel muro di gomma con cui si era cortinato nei confronti delle vittime di abusi che reclamavano a gran voce giustizia ma che molto spesso si sono ritrovate con l’amaro in bocca per colpa di decisioni ancora non prese.

 

Il direttore editoriale di Vatican News Andrea Tornielli spiega che i due documenti approvati in merito, infatti, comportano, «che le denunce, le testimonianze e i documenti processuali relativi ai casi di abuso conservati negli archivi dei Dicasteri vaticani come pure quelli che si trovano negli archivi delle diocesi, e che fino ad oggi erano sottoposti al segreto pontificio, potranno essere consegnati ai magistrati inquirenti dei rispettivi Paesi che li richiedano. Un segno di apertura, di disponibilità, di trasparenza, di collaborazione con le autorità civili».

 

Due documenti sull’abolizione del segreto pontificio

Il primo e più importante documento è un riscritto a firma del cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin, secondo cui il Papa, il 4 dicembre scorso, ha disposto di abolire il segreto pontificio sulle denunce, i processi e le decisioni riguardanti i delitti citati nel primo articolo del recente motu proprio “Vos estis lux mundi”, vale a dire: i casi di violenza e di atti sessuali compiuti sotto minaccia o abuso di autorità; i casi di abuso sui minori e su persone vulnerabili; i casi di pedopornografia; i casi di mancata denuncia e copertura degli abusatori da parte dei vescovi e dei superiori generali degli istituti religiosi.

 

La nuova istruzione specifica anche che bisogna rispettare il «segreto d’ufficio» in modo tale che le «informazioni sono trattate in modo da garantirne la sicurezza, l’integrità e la riservatezza» stabiliti dal Codice di Diritto canonico per tutelare «la buona fama, l’immagine e la sfera privata» delle persone coinvolte.

 

Ma questo ‘segreto d’ufficio’, si legge ancora nell’istruzione, «non osta all’adempimento degli obblighi stabiliti in ogni luogo dalle leggi statali», compresi gli eventuali obblighi di segnalazione, “nonché all’esecuzione delle richieste esecutive delle autorità giudiziarie civili”.

 

Inoltre, a chi effettua la segnalazione, a chi è vittima e ai testimoni “non può essere imposto alcun vincolo di silenzio” sui fatti.

 

Con il secondo rescritto firmato da Parolin e dal prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede, il cardinale Luis Ladaria Ferrer, vengono rese note le modifiche di tre articoli del motu proprio “Sacramentorum sanctitatis tutela” (del 2001, già modificato nel 2010).

 

In questo documento si stabilisce che ricada tra i delitti più gravi riservati al giudizio della Congregazione per la dottrina della fede «l’acquisizione o la detenzione o la divulgazione, a fine di libidine, di immagini pornografiche di minori di diciotto anni da parte di un chierico, in qualunque modo e con qualunque strumento».

 

Tra le novità previste, appunto, è stato alzato da 14 a 18 anni il limite al di sotto del quale l’abuso è considerato tra i delitti più gravi e viene data la possibilità anche ai laici di fungere da avvocato o procuratore provvisti di dottorato in Diritto canonico e non più soltanto sacerdoti.

 

Il rescritto papale ovviamente non cambia il segreto della confessione che rimane. E nemmeno comporta la pubblicazione e la divulgazione dei documenti dei processi. La riservatezza per le vittime e per i testimoni è infatti sempre tutelata.

 

L’arcivesco Scicluna: «Decisione epocale»

Secondo l'arcivescovo Charles Scicluna, segretario aggiunto della Congregazione per la Dottrina della fede e uomo di punta del Vaticano nella lotta alla pedofilia, quella di oggi è una «decisione epocale. Finora – ha spiegato ai microfoni di Radio Vaticana – la vittima non aveva l’opportunità di conoscere la sentenza che faceva seguito alla sua denuncia, perché c’era il segreto pontificio. Anche altre comunicazioni venivano ostacolate, perché il segreto pontificio è un segreto di altissimo livello nel sistema di confidenzialità nel Diritto canonico. Adesso viene facilitata anche la possibilità di salvaguardare la comunità e di dire l’esito di una sentenza».

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