Violentate nel caos di una rivolta carceraria con evasione di massa e poi arse vive a centinaia nell'incendio di una prigione di Goma, dove erano rinchiuse: la guerra civile nell'est della Repubblica democratica del Congo ha generato un orrore senza precedenti in questo peraltro già sanguinoso conflitto iniziato tre anni fa ma che sta riesplodendo nelle ultime settimane.

Secondo un rapporto dell'Onu appena pubblicato, sono 2.900 i morti solo negli scontri per la conquista di Goma, mentre il conflitto, dopo la violazione di una fragilissima tregua, si sta estendendo nel sud Kivu, nell'est della Repubblica democratica del Congo.

Gli stupri e il rogo risalgono alla settimana scorsa ma sono emersi più chiaramente proprio mentre i ribelli del gruppo M23 - appoggiato dal confinante Ruanda con chiare mire sul possesso di terre rare e altri minerali critici indispensabili per le moderne tecnologie come cobalto e coltan - hanno smentito coi fatti un proprio annuncio di tregua umanitaria fatto martedì.

«C'è stata un'evasione di massa con 4.000 detenuti fuggiti. In quella prigione c'erano anche alcune centinaia di donne. Tutte sono state stuprate, poi è stato incendiato il settore femminile. Sono tutte morte». Questa la sintetica descrizione degli eventi risalenti alla mattina del 27 gennaio fatta da Vivian van de Perre, la vicecapo della Monusco, la Missione Onu in Congo.

Molto di più, e di attendibile, per ora era difficile da apprendere dato che, nonostante la presenza di migliaia di caschi blu dell'Onu, le restrizioni imposte dai ribelli hanno impedito alle squadre di soccorso di accedere al carcere per raccogliere prove e stabilire con certezza chi siano i responsabili della strage perpetrata nella città da oltre un milione di abitanti finita sotto il controllo dei miliziani di M23. Proprio questa settimana l'Ufficio dell'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani (Ohchr) aveva avvertito che la violenza sessuale viene usata come arma di guerra dai gruppi armati a Goma.