La moglie muore di Sla, lui finanzia la ricerca che avrebbe potuto curarla

Un commercialista di Benevento contribuisce a raccogliere i fondi per uno studio internazionale di cui il Centro Sla piemontese è capofila: «Non sono un eroe»

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di Redazione
5 dicembre 2019
10:57

Il matrimonio, la nascita di due figli: un futuro costruito insieme. Lui commercialista di Benevento, lei una cinquantenne che qualche anno fa scopre di essere affetta da Sla, la sclerosi laterale amiotrofica, una malattia ancora senza cura. Una diagnosi terribile che però non piega le speranze dell’uomo. Insieme alla moglie legge del Centro esperto Sla dell'azienda ospedaliero-universitaria di Novara, diretto dalla dottoressa Letizia Mazzini, che sta provando a far partire una sperimentazione su un farmaco innovativo che potrebbe rallentare, secondo i test di laboratorio, la malattia e decide di affidare a loro le cure della donna amata. Uno studio che però necessita di fondi. L'uomo decide dunque di aiutare l’equipe di ricerca: trova finanziatori, fonda una onlus e coinvolge nel suo progetto un’associazione e la Banca Popolare di Novara.

La ricerca sperimentale

Il suo impegno è stato ripagato. Come riporta il giornale “Repubblica” l’uomo riesce a consegnare al Centro Sla di Novara i 400mila dollari che servivano a fare partire una ricerca sulle biomolecole RNs60.


Purtroppo la moglie è morta ad aprile e non potrà sapere se la sperimentazione del centro novarese porterà finalmente luce nella conoscenza e nella cura di questa patologia. La storia è stata raccontata dalla dottoressa Mazzini: «Senza l'aiuto di questa persona e della Fondazione Bpn - ha detto - non avremmo potuto dare il via al progetto. La prima fase si è conclusa positivamente: la biomolecola RNs60 non crea alcun problema. La seconda, sulla sua efficacia, è in fase di completamento e nei prossimi mesi potremo esprimerci su dati precisi. Al momento possiamo solo dire che i pazienti cui è stata somministrata sono più che soddisfatti». «Oggi  -  conclude la scienziata di fama internazionale -  collaboriamo con un centro di ricerca dell'università di Harvard e con l'associazione statunitense che sostiene la ricerca sulla Sla».

«Non sono un eroe»

«Non sono un eroe, ho semplicemente garantito ai finanziatori statunitensi che la compartecipazione dell'Italia ci sarebbe stata», ha spiegato il commercialista. «Ho solo fatto da garante, ero certo che i fondi, come poi è avvenuto, sarebbero stati trovati per uno studio di così grande valore. Purtroppo mia moglie non potrà trarne giovamento - ha raccontato - ma se lo studio avrà successo, come spero, altri malati ne trarranno grandi benefici. La ricerca è l'unica strada per curare malattie come la Sla».

 

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