Una bacchettata a Israele, l'auspicio di una nuova leadership palestinese, il rinnovo sostegno all'Ucraina e l'invito alla comunità internazionale ad «alzare la voce» in Venezuela. Sono questi i nodi di politica estera toccati dalla premier Giorgia Meloni nel suo intervento all'assemblea generale dell'Onu, cui ha chiesto di fare di più contro il traffico di essere umani.

Ma a colpire di più forse è stato il passaggio su Israele, finito sul banco degli imputati nel primo giorno dei grandi al Palazzo di vetro non solo per Gaza ma anche per l'escalation in Libano. «Affermiamo il diritto dello Stato di Israele di difendersi da attacchi esterni, come quello orribile del 7 ottobre scorso, ma allo stesso tempo chiediamo ad Israele di rispettare il diritto internazionale, tutelando la popolazione civile, anch'essa vittima in gran parte di Hamas e delle sue scelte distruttive», ha detto la premier.

«E seguendo lo stesso ragionamento sosteniamo, ovviamente, anche il diritto del popolo palestinese ad avere un proprio Stato, ma affinché questo possa vedere presto la luce è necessario che i palestinesi lo affidino a una leadership ispirata al dialogo, alla stabilizzazione del Medio Oriente e all'autonomia», ha aggiunto citando gli Accordi di Abramo come esempio di «convivenza e cooperazione vantaggiosa sulla base del mutuo riconoscimento».

«Se questa è la prospettiva sulla quale tutti dobbiamo lavorare, e lo è, oggi l'imperativo è raggiungere, senza ulteriori ritardi, un cessate il fuoco a Gaza e l'immediato rilascio degli ostaggi israeliani. Non possiamo più assistere a tragedie come quelle di questi giorni nel Sud e nell'Est del Libano, con il coinvolgimento di civili inermi, tra cui numerosi bambini», ha incalzato.

Poco prima era tornata sull'invasione russa, ammonendo che «non possiamo voltarci dall'altra parte di fronte al diritto dell'Ucraina a difendere le sue frontiere, la sua sovranità, la sua libertà». Una «ferita» che ha minato il «sistema internazionale» e «sta avendo effetti destabilizzanti ben oltre i confini» di quella guerra e «come un domino riaccende o fa detonare» altri conflitti. Di forte impatto anche l'appello su Caracas: «la comunità internazionale non può rimanere a guardare mentre in Venezuela, a distanza di quasi due mesi dalle elezioni, ancora non è stato riconosciuto il risultato elettorale, ma nel frattempo si è consumata una brutale repressione, la morte di decine di manifestanti, l'arresto arbitrario di migliaia di oppositori politici, l'incriminazione e l'esilio del candidato presidente dell'opposizione democratica. È nostro dovere alzare la voce».

La premier ha insistito anche su un tema a lei caro, ricordando come proprio un anno fa da quello stesso podio propose «di dichiarare una guerra globale ai trafficanti di esseri umani».

«Sono felice - ha osservato - che quell'appello non sia caduto nel vuoto, e che in primis a livello G7 si sia trovata l'intesa per dare vita ad un coordinamento internazionale per smantellare queste reti criminali. Ma bisogna fare di più. Le Nazioni Unite devono fare di più, perché queste organizzazioni criminali stanno riproponendo, sotto altre forme, una schiavitù che questa Assemblea, in altri tempi, ebbe un ruolo fondamentale nel debellare definitivamente. Non si torna indietro».

La presidente del consiglio ha affrontato anche altri temi: la riforma del consiglio di sicurezza, che «non può prescindere dai principi di eguaglianza, democraticità e rappresentatività», la necessità di una nuova forma di cooperazione paritaria incarnata a suo avviso dal piano Mattei per l'Africa, la necessità di una governance globale sull'Ia. «Il destino ci sfida, ma in fondo lo fa per metterci alla prova. Nella tempesta, possiamo dimostrare di essere all'altezza del compito che la storia ci ha dato. L'Italia, come sempre, è pronta a fare la sua parte», ha concluso citando il patriota Carlo Pisacane.