Tutti sapevano che le elezioni regionali in Sardegna avevano grande importanza, ma nessuno si aspettava che si sarebbero rivelate un thrilling elettorale. Colpa di uno spoglio che è andato oltre le diciassette ore, un vecchio vizio delle elezioni in Italia, ma che sull’isola ha raggiunto dimensioni monstre. Non sono mancate ovviamente le polemiche sui ritardi, con l’ufficio elettorale della Regione che si è difeso imputando la colpa dell’insolita lentezza ai Comuni che tardavano a caricare e trasmettere i dati. Anche questo è un motivo già sentito. Così come fa parte del copione Fratelli d’Italia che intorno alle 23 ha chiesto il riconteggio dei voti in alcuni comuni.

C’è poi da considerare che la legge elettorale della Regione Sardegna prevede che se lo spoglio non viene completato entro dodici ore, si impacchetta tutto e poi si riprende a data da destinarsi. La “tagliola” si chiama. Un espediente, con ogni evidenza, per evitare un esborso eccessivo di straordinari alle persone impegnate nello spoglio e trovarsi poi senza copertura finanziaria.

Ieri si è andati invece avanti ad oltranza. Questo grazie ad una circolare della Regione che portava l’interpretazione autentica della legge per cui il termine delle dodici ore era indicativo. Il problema della copertura, evidentemente, non si è posto.

Alla fine la vittoria è stata di Alessandra Todde sia pure di misura sull’avversario Paolo Truzzu. Il risultato è arrivato al termine di un lungo testa a testa durato tutta la giornata. Ma quando è arrivato il dato definitivo di Cagliari, la città di cui Truzzu è sindaco e dove ha perso malamente, e quando le agenzie hanno battuto la notizia che Conte e la Schlein erano in volo verso la Sardegna, a molti è stato chiaro il risultato finale. La vince la Todde, sia pure di misura. Il risultato finale, arrivato all’una e mezza di notte, dice Todde al 45,3%, Truzzu al 45,1%; Soru 8,6% e Chessa allo 0,1. Vittoria dunque per circa duemila voti, ma la legge elettorale sarda prevede che vince chi ottiene un voto in più degli altri.

Il voto sardo, però, ha grande importanza anche per i risultati che consegna in proiezione nazionale. Innanzitutto la vittoria della Todde rilancia la segreteria della Schlein che qualcuno voleva già traballante..Il Pd sull’isola arriva a ridosso di Fratelli d’Italia ed è secondo partito. Un risultato che garantisce anche un equilibrio futuro dell’alleanza. La Todde infatti è espressione del M5s che quindi conquistano per la prima volta una Regione. La paura fra i dem era che un exploit dei grillini avrebbe relegato in un angolo gli alleati. Non è andata così e Cagliari ci dà la prova che il campo, anche se non largo, alla fine premia. Va infatti considerato che la Todde era sostenuta solo da Pd e M5s. I partiti di centro appoggiavano Renato Soru che ha raccolto oltre l’8%. Se i moderati rientravano nell’alleanza la vittoria del centrosinistra sarebbe stata davvero larghissima. Insomma come ha dichiarato a caldo Chiara Braga, la Sardegna è un modello ripetibile in altri scenari. E nuovi scenari la Sardegna ha aperto.

Se il centrosinistra brinda, piange, e non poco, il centrodestra. L’alleanza di Governo incassa la sua prima sconfitta elettorale. E che sconfitta. Qualcuno dice che vale doppio perché il candidato è stato fortemente voluto dalla premier Giorgia Meloni che lo ha imposto agli alleati della Lega al posto dell’uscente Solinas. Una questione che la Meloni ha portato avanti con forza, anche a costo di scardinare le intese per le altre regioni a partire dalla Basilicata.

Inutile dire che la circostanza ha fatto subito sentire odore di voto disgiunto. Plausibile, ma la Lega sull’isola ha preso una vera e propria batosta. Il dato (ufficioso) è sotto il 4%. Se si fosse votato per le Europee non avrebbe preso il quorum. Bene Forza Italia che quasi doppia la Lega e si avvicina all’8%. 

La sconfitta quindi non sarà indolore per il centrodestra e non solo perché, come detto, incassa la sua prima vera sconfitta da quando è al Governo, ma perché sparge sale su ferite interne che erano già aperte. Dopo la Sardegna Forza Italia alzerà la voce, la Meloni non potrà insistere sul voler cambiare a tutti i costi le classi dirigenti locali perché FdI ne ha pochissima, la segreteria di Salvini rischia di scricchiolare sempre più.