Secondo e ultimo discorso del premier italiano Mario Draghi davanti all'Assemblea generale delle Nazioni Unite, questa notte. Condanna la Russia per l'ultimo affondo sul referendum 'farsa' in Ucraina, blinda il futuro dell'Italia, «protagonista» dell'Ue e al fianco della Nato. Esorta il mondo ad andare avanti nel segno del multilateralismo, ma chiede anche all'Europa di fare di più, a cominciare dal price cap. Intervenendo nel suggestivo Palazzo di Vetro di New York, Draghi difende le scelte fatte fin qui in difesa di Kiev - a partire dalle sanzioni - per una guerra che vede «un unico responsabile»: «Aiutare l’Ucraina a proteggersi - rivendica - non è stata soltanto la scelta corretta da compiere. È stata l’unica scelta coerente con gli ideali di giustizia e fratellanza che sono alla base della Carta delle Nazioni Unite e delle risoluzioni che questa Assemblea ha adottato dall’inizio del conflitto».

A una manciata di giorni dal voto per le politiche, l'ex numero uno della Bce sembra voler rassicurare gli alleati ma anche mandare un messaggio a Roma, ricordando da che parte bisogna stare. O meglio restare: «L’Italia continuerà a essere protagonista della vita europea, vicina agli alleati della Nato, aperta all’ascolto e al dialogo, determinata a contribuire alla pace e alla sicurezza internazionale. Sono gli stessi principi e obiettivi che ispirano le Nazioni Unite, che è necessario e urgente difendere oggi».

Il cuore del suo intervento, che arriva quando in Italia è notte fonda, è sul conflitto in Ucraina, che ha precipitato l'Europa in un passato che pensava non appartenerle più. Puntuale arriva la condanna sull'ultima provocazione di Mosca: l'annuncio del referendum per l'annessione dei territori occupati. «Finora - le parole del premier - la Russia non ha dimostrato di volere la fine del conflitto: i referendum per l’indipendenza nel Donbass sono un’ulteriore violazione del diritto internazionale che condanniamo con fermezza». Draghi cita Michail Gorbaciov e le sue parole sulla cooperazione pronunciate all'Unga del 1988, auspica «ci possa essere un futuro in cui la Russia torni al rispetto dei principi che scelse di sottoscrivere nel 1945. Un mondo diviso in blocchi, attraversato da rigide demarcazioni ideologiche e contrapposizioni militari non genera sviluppo, non risolve problemi».

«L’aggressione dell’Ucraina da parte della Russia e le crisi che ne derivano, alimentare, energetica, economica – esordisce Draghi nella General Assembly Hall - mettono a rischio i nostri ideali collettivi come raramente era accaduto dalla fine della Guerra Fredda». Non c'è dubbio, per il premier italiano, che le responsabilità del conflitto siano «chiare e di una parte sola. Ma è nostra responsabilità collettiva - esorta - trovare risposte a questi problemi con urgenza, determinazione, efficacia. Non possiamo dividerci tra Nord e Sud del mondo. Dobbiamo agire insieme e riscoprire il valore del multilateralismo che si celebra in quest’aula».

Draghi ricorda che, quando è arrivato il momento di schierarsi, «l’Italia ha agito senza indugi», insieme a tutti i partner «che come noi credono in un sistema internazionale basato sulle regole e sul multilateralismo. Insieme, abbiamo risposto alle richieste del presidente Zelensky, perché - rimarca alzando il tono della voce - un’invasione militare pianificata per mesi e su più fronti non si ferma soltanto con le parole». E se oggi l'esito di un conflitto che Mosca credeva di chiudere nell'arco di un paio di settimane, con una guerra lampo, «resta ancora imprevedibile» è «anche grazie alla nostra assistenza militare», rivendica.

Ma uno dei punti nevralgici del suo intervento, è il passaggio in cui Draghi difende a spada tratta il risultato ottenuto con le sanzioni, a dispetto di chi, in Italia, getta ombre sulla loro efficacia. «Hanno avuto un effetto dirompente sulla macchina bellica russa, sulla sua economia. La Russia fatica a fabbricare da sola gli armamenti di cui ha bisogno, poiché trova difficile acquistare il materiale necessario a produrle». E da economista qual è, a prova delle sue parole cita i numeri del Fondo Monetario Internazionale, che «prevede che l’economia russa si contragga quest’anno e il prossimo di circa il 10% in totale, a fronte di una crescita intorno al 5% ipotizzata prima della guerra. Con un’economia più debole, sarà più difficile per la Russia reagire alle sconfitte che si accumulano sul campo di battaglia».

«L’unità dell’Unione Europea e dei suoi alleati - sottolinea ancora Draghi - è stata determinante per offrire all’Ucraina il sostegno di cui aveva bisogno, per imporre costi durissimi alla Russia. Mosca ha da subito tentato di dividere i nostri Paesi, a usare il gas come arma di ricatto». L’Italia, rivendica il premier, ha fatto il possibile per recidere il cordone che la teneva legata: «Ha reagito con tempestività per diversificare le fonti di approvvigionamento di gas, per accelerare lo sviluppo dell’energia rinnovabile». Ma per mantenere una «posizione unita, risoluta, coerente con i nostri valori, è essenziale preservare la coesione sociale». Il che, per Draghi, si traduce in più Europa.

«Dobbiamo fare di più - esorta - soprattutto a livello europeo. Come l’Italia sostiene da tempo, l’Unione Europea deve imporre un tetto al prezzo delle importazioni di gas, anche per ridurre ulteriormente i finanziamenti che mandiamo alla Russia. L’Europa deve sostenere gli Stati membri mentre questi sostengono Kiev. L’Unione Europea deve anche usare la forza delle sue istituzioni per mettere i suoi vicini al riparo dalle rivendicazioni russe».

Intanto Roma resta al fianco di Kiev ma anche «in prima linea per provare a raggiungere un accordo, quando sarà possibile». Draghi confida in altri «momenti di cooperazione», come sull’esportazione del grano ucraino, e guarda alla centrale nucleare di Zaporizhzhia: «L’accesso di una squadra di esperti dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica rappresenta un passo avanti. Ora è essenziale arrivare a qualche forma di demilitarizzazione dell’area. Non possiamo rischiare la catastrofe nucleare», avverte.

Nel suo lungo intervento, Draghi torna anche a sottolineare «la necessità di riformare il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, per renderlo più rappresentativo, efficiente, trasparente». Si sofferma sull'emergenza migranti, un «fenomeno globale», che richiede «un approccio responsabile, umano, condiviso», e offre anche un assist a Roma, ricordando la disponibilità della Caput mundi ad ospitare Expo 2030.

Non dimentica, naturalmente, di soffermarsi sul clima, un tema che gli sta particolarmente a cuore, con lo sguardo rivolto ai più fragili. «Dobbiamo continuare a sostenere i Paesi più vulnerabili a difendersi dagli impatti dei cambiamenti climatici e a portare avanti i loro percorsi di transizione - dice -. Penso ad esempio alla tragedia delle inondazioni in Pakistan, dove una parte molto estesa del Paese è sommersa dall’acqua e milioni di persone sono costrette a lasciare le proprie case. La crisi ambientale ci coinvolge tutti, e dobbiamo uscirne tutti insieme».

Sempre con un occhio attendo all'ambiente, in mattinata il premier si è allontanato dal Palazzo di Vetro per raggiungere i giovani arrivati a New York per il 'Youth4Climate': «Sono pienamente consapevole delle vostre aspettative e della vostra grande fame di cambiamento - ha detto loro -. Entrambi sono estremamente benvenuti: dobbiamo fare di meglio, più velocemente». Poi si è soffermato con una giovane scolaresca di Treviso, e davanti all'invito di un prof di fare visita al loro liceo, ha risposto con un sorriso e una battuta: «Volentieri, ora avrò più tempo libero...».