Il presidente della fondazione che fa ricerca in ambito sanitario è convito che ci sia bisogno di una nuova chiusura totale «oppure accettiamo di avere un 2021 che andrà avanti con stop&go»
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«Un lockdown totale per 2 settimane farebbe abbassare la curva per poter riprendere il tracciamento, altrimenti bisognerà continuare con stop&go per tutto il 2021». A dirlo è Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, ai microfoni della trasmissione 'L'Italia s'è desta' su Radio Cusano Campus.
Sulla richiesta di lockdown generale da parte del consigliere del ministro della Salute, Walter Ricciardi, «credo che il suo ragionamento sia allineato con quello che abbiamo pubblicato prima del periodo natalizio - spiega Cartabellotta - La strategia che il governo ha assunto è quello della convivenza con il virus, varando misure per evitare la saturazione degli ospedali».
Chiudere tutto per 2 settimane significherebbe abbassare la curva per poter riprendere il tracciamento, ma secondo Cartabellotta, «non tutte le regioni sono pronte all'attività di testing e tracciamento. Dobbiamo decidere se siamo disponibili ad accettare una restrizione maggiore per abbassare la curva, oppure se accettiamo di avere un 2021 che andrà avanti con stop&go».
La campagna vaccinale
Immaginare che la somministrazione del vaccino possa far migliorare la situazione «è molto difficile, sia per i tempi sia per l'incognita varianti - continua - L'obiettivo dovrebbe essere far circolare il virus meno possibile e non abbassare il carico sugli ospedali, tutti i Paesi invece hanno scelto la seconda via». Dal punto di vista della percentuale di popolazione vaccinata con due dosi, l'Italia è terza nel mondo, «quindi in una posizione assolutamente di merito - prosegue Cartabellotta - ma con differenze regionali non trascurabili».
Si va dall'1,4% della Calabria al 4,1% di Bolzano. Con la quantità di vaccini ricevuta la campagna è proceduta finora bene, sottolinea, «con l'unico neo che abbiamo vaccinato ancora pochi ultraottantenni, perché si è scelto di vaccinare prima gli operatori sanitari anziché le persone più fragili. Ma il vero problema è quello delle forniture». Per quanto riguarda le varianti in circolazione, conclude Cartabellotta, «bisogna ipotizzare lo scenario peggiore per evitare di farci trovare impreparati».