In una nota il presidente Samengo: «Siamo profondamente vicini alle famiglie e ai bambini che in questo momento nel nostro paese stanno affrontando la più grave emergenza dalla fine della seconda guerra mondiale»
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«Dichiarare Covid-19 come una pandemia non indica che il virus sia diventato più letale. Piuttosto, è un riconoscimento della diffusione geografica della malattia».
Così in una nota l'Unicef: «Continueremo a lavorare con i governi e con i nostri partner per fermare la trasmissione del virus e per mantenere i bambini e le loro famiglie al sicuro. Allo stesso tempo, rimaniamo molto preoccupati per gli impatti secondari del Covid-19 e delle relative misure di controllo sui bambini, tra cui l'onere che grava sui sistemi sanitari locali per la fornitura di cure primarie, i rischi sulla protezione, la chiusura delle scuole e le pressioni economiche avvertite da alcune famiglie. La paura del virus sta anche contribuendo alla discriminazione delle persone appartenenti a gruppi vulnerabili, tra cui i rifugiati e i migranti - questo è inaccettabile. Rimaniamo sul campo a lavorare nelle comunità colpite per mitigare gli impatti secondari per i bambini e lottare contro la stigmatizzazione».
«Siamo profondamente vicini alle famiglie e ai bambini che in questo momento nel nostro paese stanno affrontando la più grave emergenza dalla fine della seconda guerra mondiale. Vogliamo augurare - ha affermato il presidente Francesco Samengo - un buon lavoro al nuovo commissario Domenico Arcuri; in queste ore abbiamo contattato la presidenza del Consiglio dei Ministri, la Protezione Civile e i Ministeri dell’Interno, dell’Istruzione, della Sanità, mettendoci a disposizione delle istituzioni per dare un concreto sostegno per arrestare la diffusione del Covid-19 e dare aiuto a chi è stato colpito e sta soffrendo».