Avviato un fascicolo dopo la denuncia di un rifugiato sudanese che aveva raccontato già nel 2019 le torture che lui e sua moglie avevano subito dal generale libico. L’11 febbraio dibattito a Strasbirgo
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La Corte penale internazionale dell'Aja ha avviato un fascicolo di indagine sull'operato del governo italiano per «ostacolo all'amministrazione della giustizia ai sensi dell'articolo 70 dello Statuto di Roma» in relazione alla vicenda del generale Almasri. È quanto scrive il quotidiano Avvenire nella pagina online.
Nella denuncia ricevuta dall'Ufficio del procuratore, che l'ha trasmessa al cancelliere e al presidente del Tribunale internazionale, sono indicati i nomi di Giorgia Meloni, Carlo Nordio e Matteo Piantedosi.
L'atto finito all'attenzione dei giudici è stato trasmesso dai legali di un rifugiato sudanese che già nel 2019 aveva raccontato agli investigatori internazionali le torture che lui e la moglie avevano subito dal generale libico, quando entrambi erano stati imprigionati in Libia.
Nella denuncia di 23 pagine, il richiedente asilo, un cittadino sudanese del Darfur con lo status di rifugiato in Francia, sostiene che sua moglie, lui stesso e innumerevoli membri del gruppo di cui fa parte sono stati vittime di numerosi e continui crimini.
Nel 2019 l'uomo - si legge nell'articolo di Avvenire - aveva presentato una comunicazione all'Ufficio del Procuratore fornendo «un'ampia serie di prove» che a suo dire implicavano responsabilità di alti funzionari dell'Ue e dell'Italia, tra cui ex primi ministri e ministri italiani per avere favorito il compimento di crimini contro i diritti umani in Libia. La sua testimonianza è tra quelle contenute nell'atto d'accusa allegato al mandato di cattura per l'ufficiale libico accusato di crimini di guerra e crimini contro i diritti umani. Nell'atto di denuncia, secondo quanto scrive il quotidiano, ci sarebbero anche delle imprecisioni come l'indicazione della permanenza del generale libico «in Italia per 12 giorni». In realtà Almasri era stato precedentemente in altri Paesi Ue ed è rimasto in Italia dal 18 al 22 gennaio, quando è stato poi rilasciato su ordine della Corte d'appello di Roma e riportato a Tripoli con un volo dei servizi segreti italiani. I legali del rifugiato stanno preparando integrazioni alla prima denuncia dopo avere ricevuto la conferma di acquisizione da parte della Procura.
Secondo l'accusa - si afferma nell'articolo -, nella quale Meloni, Nordio e Piantedosi sono indicati come «sospettati», i rappresentanti del governo italiano non hanno provveduto a consegnare il generale Almasri alla Corte penale internazionale: «Hanno abusato dei loro poteri esecutivi per disobbedire ai loro obblighi internazionali e nazionali». In particolare viene citato l'articolo 70 dello Statuto di Roma che disciplina i provvedimenti contro chi ostacola la giustizia internazionale. Secondo la norma «la Corte eserciterà la propria giurisdizione» su una vasta serie di reati, tra cui «ostacolare o intralciare la libera presenza o testimonianza di un teste».
Dibattito a Strasburgo
L'Eurocamera ha inserito, intanto, in calendario per martedì 11 febbraio a Strasburgo un dibattito sulla "protezione del sistema di giustizia internazionale e le sue istituzioni, in particolare la Corte penale internazionale e la Corte internazionale di giustizia". L'opposizione italiana, rappresentata da Movimento 5 Stelle e Sinistra Italiana, promette di usarlo per portare in Europa il caso Almasri.
Movimento 5 Stelle e Sinistra Italiana avevano in origine chiesto di avere un dibattito, accompagnato dalla dichiarazione della Commissione Ue, sul «mancato rispetto di un mandato di arresto della Corte penale internazionale: il rilascio e la scorta in Libia di Osama Elmasry Njeem». Durante i negoziati tra i gruppi politici del Parlamento europeo tuttavia si è imposta la versione più “light” senza il riferimento al generale libico nel titolo. Un dettaglio che però non scoraggia le opposizioni italiane.
«Il caso Almasri approda anche al Parlamento europeo. Pur senza citarlo direttamente è stata approvata la nostra richiesta, proveniente dal gruppo The Left, di un dibattito sulla protezione del diritto internazionale e delle prerogative della Corte penale internazionale», spiegano in una nota congiunta gli eurodeputati del M5S, Danilo Della Valle e Gaetano Pedullà. «Il governo Meloni sta provando a scaricare tutte le colpe della scarcerazione del boia libico alla Cpi, quando invece ne ha deliberatamente ignorato le richieste. Il dibattito è previsto martedì sera e noi porteremo in aula anche il caso Netanyahu, il cui mandato di cattura internazionale va eseguito senza tentennamenti dagli Stati che hanno sottoscritto lo Statuto di Roma e che quindi sono obbligati a eseguirne le decisioni», concludono.