Nessuna espulsione, per il momento, per Luigi Di Maio. Il ministro degli Esteri finisce nel mirino del consiglio nazionale del Movimento per aver criticato aspramente il no a nuove armi all'Ucraina.

Ma per ora non si parla di una sua espulsione. Il leader, Giuseppe Conte, durante la riunione convocata d'urgenza per discutere dell'accaduto, si dice molto rammaricato dalle parole usate dal titolare della Farnesina sulla sua stessa forza politica. E, alla fine, deve mediare tra l'ala più dura del M5s, secondo cui il ministro degli Esteri si sarebbe allontanato dalle origini e avrebbe ormai altri progetti e chi invece spinge per ricomporre la frattura.

Nel corso delle quattro ore di riunione notturna - in parte in presenza, in parte in videoconferenza - con i 14 componenti del Consiglio, viene ribadita la linea sulla risoluzione che dovrà essere votata al Senato martedì, in concomitanza con le comunicazioni del premier Mario Draghi prima di partire per Bruxelles: il Movimento continuerà nella mediazione con il resto della maggioranza sulla risoluzione unitaria, ribadendo la centralità del Parlamento, ma senza creare problemi. Dunque, nessun riferimento alle armi, ma ad una de-escalation militare e alla centralità del Parlamento.

«La linea euroatlantica non è mai stata messa in discussione», la bozza redatta da alcuni senatori pentastellati che chiedeva lo stop alle armi a Kiev, «non è mai stata condivisa», sottolinea uno dei partecipanti al vertice. Era stato proprio questo documento, una volta messo in circolazione, a scatenare lo scontro.

«Ci disallinea dall'alleanza della Nato e dell'Ue» e «se ci disallineamo dalla Nato mettiamo a repentaglio la sicurezza dell'Italia», aveva commentato, durissimo, Di Maio. Attirandosi le ire dei contiani, in particolare del vicepresidente del Movimento, Riccardo Ricciardi, che lo aveva definito «un corpo estraneo» auspicando provvedimenti.

Di qui l'ipotesi, rimbalzata per tutto il giorno, di un'espulsione (o auto-espulsione) del ministro degli Esteri. Che da parte sua non ha fatto alcun passo indietro. E nemmeno il Consiglio nazionale - che comunque tecnicamente non avrebbe potuto farlo - pare voglia seguire questa strada. Almeno per ora.

Stamattina dovrebbe essere divulgata la nota finale della riunione. Lo scontro appare solo in stand-by, in attesa di poter deflagrare in un momento meno delicato per il Paese.