Alcuni video privati della dipendente sarebbero diventati pubblici e virali anche fuori dall’Italia. Tre persone indagate
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Una donna di Brescia di 40 anni, vittima di revenge porn, è stata licenziata da uno degli studi per i quali lavorava dopo che alcuni suoi video hot privati sono diventati pubblici e virali.
Il provvedimento sarebbe scattato per un «danno di immagine»: il datore di lavoro sostiene di aver ricevuto chiamate da uomini che vogliono un appuntamento con la professionista, ma professionista «senza far riferimento alla problematica da affrontare e senza lasciare recapito telefonico».
Revenge Porn a Brescia: tre indagati
La donna aveva sporto denuncia dopo che alcuni video e immagini privati girati da lei e inviati anni fa a un uomo con il quale aveva avuto una relazione, erano diventati pubblici ed virali. Quei contenuti addirittura avevano trovato diffusione anche fuori dall'Italia.
Secondo quanto riportato da Il Giornale di Brescia, si sarebbe decisa a sporgere denuncia dopo che anche il suo numero di cellulare è passato di chat in chat varcando anche i confini nazionali. Avrebbe infatti ricevuto anche telefonate dal Sudamerica.
Dopo la denuncia, la Procura di Brescia nei giorni scorsi ha iscritto tre persone nel registro degli indagati e in un supplemento di denuncia la 40enne ha fornito altri nominativi e contatti di chi avrebbe contribuito a far girare i video, allegando anche screenshot di chat di poliziotti e carabinieri nelle quali i video hot sarebbero stati visti e commentati senza che nessuno intervenisse per fermarne la diffusione.
Scutellà: «Assurdo licenziare chi denuncia revenge porn»
«È assurdo che una donna che ha trovato il coraggio di denunciare chi l'ha messa alla berlina, diffondendo materiale privato in rete, venga licenziata dal proprio datore di lavoro per un presunto 'danno di immagine'. A lei, va tutta la mia solidarietà». Così, in una nota Elisa Scutellà, portavoce del MoVimento 5 Stelle in Commissione giustizia alla Camera.
«Con la legge per contrastare e punire il fenomeno del revenge porn abbiamo gettato le basi per offrire alle vittime maggiori garanzie, ma è evidente che c'è ancora molto da fare per realizzare quel cambiamento culturale necessario a fronteggiare questo tipo di reato. Le donne che hanno la forza di denunciare devono essere protette dalla società, non solo dalla legge» conclude Scutellà.