Ospite a Piazzapulita, il primario di Terapia intensiva del San Raffaele parla delle condizioni del Cav. E su quando disse che il virus fosse clinicamente morto: «Non rinnego le mie parole, ma non mi si dica che sono un negazionista»
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«La carica virale che caratterizzava il tampone naso-faringeo di Berlusconi era talmente elevata che a marzo-aprile non avrebbe avuto l'esito che fortunatamente ha ora. Lo avrebbe ucciso? Assolutamente sì, molto probabilmente sì. Lui lo sa. Non è una boutade tanto per esagerare, visto il personaggio di cui stiamo parlando». Sono le parole del professor Alberto Zangrillo, primario di Terapia intensiva del San Raffaele e medico personale di Silvio Berlusconi, ospite questa sera a Piazzapulita, su La7.
Berlusconi e Flavio Briatore «sono in condizioni più che soddisfacenti, per loro l'epilogo di questa malattia è vicino», ha aggiunto. E ancora, sul leader di Forza Italia: «La cosa fondamentale per Berlusconi non è stata la terapia, è stato capire che doveva andare in ospedale e che doveva andarci in quel momento: 10 ore dopo poteva essere troppo tardi».
«Se nell'interazione tra virus e paziente succede qualcosa di diverso, non significa che il virus non ci sia più. Significa che si manifesta in una forma differente: non lo dico io, lo dicono tanti medici - prosegue Zangrillo -. Il virus non è mutato, ma probabilmente si sta adattando all'ospite in maniera differente. Io continuerò a dire che è fondamentale l'osservazione e la tempestività».
«Dal 31 maggio», quando Zangrillo disse che il virus è clinicamente morto, «sono passati tanti mesi, non rinnego assolutamente il contenuto della frase, che magari rimodulerei in modo diverso. Poi ci sono coloro che tentano di arruolarmi in una categoria», quella dei negazionisti, «a cui non appartengo».
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