Sono impresse nella testa di tutti le immagini del dipendente comunale di Sanremo che timbrava il cartellino in mutande. Alberto Muraglia, vigile urbano, è diventato il simbolo dei furbetti del cartellino. Cinque anni fa rimase coinvolto in un’inchiesta che scosse il Comune ligure e portò a 34 arresti e decine di indagati.

A gennaio scorso è arrivata però l’assoluzione di dieci di essi, tra cui anche l'ormai famigerato vigile beccato in intimo. Ad oggi sono state rese note le motivazioni della sentenza. Chi si faceva timbrare il cartellino da altri ha dimostrato di essere comunque presente in ufficio, talvolta addirittura a pochi metri di distanza dalla macchinetta per la timbratura.  

Per quanto riguarda poi Muraglia, il giudice ha evidenziato che «la timbratura in abiti succinti non costituisce neppure un indizio di illiceità penale e ha una sua spiegazione logica». E la spiegazione sta in un eccesso di zelo del dipendente, risultato dunque tutto fuorché un furbetto del cartellino. Quando fu immortalato dalla telecamera nascosta in mutande, era in tali condizioni semplicemente perché aveva appena gestito il traffico sotto un diluvio e si era dunque spogliato davanti la porta di casa, nello stesso androne ove si trova il timbracartellino. Altre volte, in cui gli era stato contestato di non aver rispettato l’orario, il giudice ha evidenziato come il vigile abbia invece lavorato di più, uscendo ad ispezionare il piazzale antistante alle 5.30.  «Se davvero il Muraglia fosse stato un agente sciatto e lavativo, difficilmente si sarebbe preoccupato di iniziare a lavorare circa mezz'ora prima dell'orario», la chiosa del giudice che pone la parola fine su una vicenda che, comunque, ha ormai marchiato la vita di Alberto Muraglia.