Certo che sono davvero mille le strade per identificare la nostra personale passione. Prendi per esempio uno come Alberto Luca Recchi. Un giorno di quasi cinquant’anni fa, quando ancora era un ragazzo si trovava in vacanza a Santa Teresa di Gallura nello stesso gruppo vacanziero di Mike Bongiorno, appassionato di pesca subacquea. Mike si inabissa e torna a galla con due grosse cernie. Per Luca Recchi fu una vera folgorazione. La sua passione per il mare, soprattutto subacqueo, inizia proprio lì. Dopo di allora ha intrapreso un cammino sorprendente che lo ha portato un bel giorno ad abbandonando il mondo della finanza milanese, a cui si è dedicato per molti anni, per abbracciare, anima e polmoni, quello degli squali e degli abissi marini. Una scelta che in pochi anni lo ha portato a diventare uno dei più grandi esperti e fotografi subacquei del mondo.

Un divulgatore scientifico

La sua prima immersione se la ricorda ancora molto bene. Era alle Maldive e aveva compiuto da poco 18 anni. Dopo quasi 50 anni in questi giorni Alberto Luca Recchi ha ricevuto a Giffoni Valle Piana il Premio Leonardo per la divulgazione scientifica nel suo lavoro. Un premio condiviso con Piero Angela, autore di diversi libri sul Mediterraneo. Questa sua passione per il mare e gli oceani lo ha portato a focalizzare la sua attenzione sulla preservazione dei fondi marini. E la tutela del mondo sottomarino.

L'uomo che mette in fila gli squali

Consapevole delle minacce che il mare affronta, come la pesca eccessiva e l’inquinamento da plastica Recchi si opera ogni giorno per salvaguardare e tutelare le profondità marine la sua flora e la sua fauna. Si augura che un giorno la scienza possa trovare soluzioni innovative per ripulire il mare e preservare la sua biodiversità. «Dell’immortalare il mondo marino ne ho fatto una professione. La mia professione. Sono un appassionato fortunato perché oggi, rispetto a qualche decennio fa, posso utilizzare attrezzature tecniche di alta qualità e precisione per fotografare e filmare sott’acqua. Un privilegio della nostra generazione rispetto a quella dei nostri genitori».

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