Parlare di pop culture non è mai fuori moda, che sia musica o arte, tutto ciò che torna in auge in maniera brillante e colorata ma soprattutto inconsueta viene spesso inglobata nella definizione “cultura pop”. Quando parliamo di cultura pop, inevitabilmente ci vengono in mente le iconiche immagini di delle opere di Andy Wharol. Il tratto caratteristico era prendere soggetti e oggetti, in maniera seriale e rappresentarli in modo originale e colorato. Wharol non faceva altro che rappresentare oggetti di uso comune, popolare e riprodurli in serigrafia. In maniera fredda e quasi impersonale, Wharol semplicemente registrava la realtà che lo circondava, lanciando oggetti di uso comune e personaggi ad una fama internazionale, tanto da renderli icone del tempo.

«La teologia dovrebbe tornare dall’esilio perché forse non tutti capiscono di che si tratta, in questo senso la teologia è esiliata: non è né al centro dei nostri pensieri né dei significati delle nostre parole» - dice ad Alessandro Russo monsignore Antonio Staglianò, presidente della Pontificia Accademia di Teologia e continua «chi conosce già la teologia ha spesso una visione errata e pensa che sia la scienza elaborata all’interno delle “torri d’avorio” delle Università. In realtà è un qualcosa di molto più profondo. Se la teologia deve ritornare dall’esilio è perché sia come Chiesa cattolica che come società abbiamo perso qualcosa: la possibilità di un’illuminazione del pensiero che orienti la prassi ecclesiale e della feda ma anche che orienti la prassi della società».

La teologia può essere certamente inserita nella vastissima etichetta della cultura pop, essendo una sapienza antica con circa duemila anni di storia alle spalle. La pop culture è da sempre oggetto di studio, sin dall’epoca romantica con connotazioni fortemente rurali e contadine contrapposte a quelle che erano le culture “ufficiali” del mondo borghese. A partire dagli anni Sessanta la “cultura popolare” ha subito un forte cambiamento, connotandosi sempre più come “controcultura”, quasi in contrapposizione a quella che era diventata la “cultura di massa”. Non più semplici tradizioni, usi e costumi popolari ma una vera e propria controcultura in opposizione a quello che sarebbe poi stato definito il capitalismo globale.

«La discussione parte però dal principio: dalla parola. La parola è la base di tutto, c’è una narrazione della fede la Bibbia è una narrazione» - dice Paola Bottero, direttore strategico di LaC Network e continua - «abbiamo svilito la parola a tal punto che ora abusiamo di parole, le utilizziamo troppo e ce ne dimentichiamo altre. Nei vari libri di pop theology c’è un’assidua e costante presenza dei cantautori, proprio per parlare un linguaggio che si avvicini a noi».

Una profonda riflessione, in questa puntata di Link, che ha un inizio: la parola. Dalla musica al cinema, da De Andrè a Pasolini una discussione sul reale significato delle parole e dello story telling. Le parole hanno molteplici significati ma hanno anche un significante: un’immagine acustica delle parole: la nostra rappresentazione mentale di un oggetto, un suono che automaticamente associamo ad un significato; in altre parole un concetto.

«La teologia può diventare e deve diventare, profeticamente, critica sociale e politica perché mette in evidenza il potenziale di critica profetica, sociale e politica, della fede» dice il monsignore «ma la teologia diventa anche autocritica perché è un servizio alla chiesa e a tutti i processi di trasmissione della fede in altre parole: state trasmettendo la vera fede o un’altra cosa?».

 La puntata è disponibile su LaC Play.