Fisico asciutto, jeans attillati, camicia bianca e passo spavaldo. Così si presentava qualche giorno fa Antonio Piromalli, 44 anni, condannato dalla Corte d’Appello di Reggio Calabria a sei anni e otto mesi di reclusione nel processo “Cent’anni di storia”.

«Piromalli vive da molti anni a Milano, a pochi metri dalla stazione centrale», racconta Klaus Davi che si è messo sulle tracce di uno degli esponenti più importanti dell’omonima famiglia di ‘ndrangheta e lo ha trovato a passeggiare sotto casa, in uno dei momenti di libertà concessi dalla sua detenzione domiciliare.

Di Piromalli hanno scritto Gianni Barbacetto e Davide Milosa dedicandogli un capitolo corposo del loro fortunato libro “Le mani sulla città”  edito da Chiarelettete e definendolo il principe della ‘ndrangheta.

«Antonio Piromalli, nato nel 1972 a Polistena in provincia di Reggio Calabria – scrivono i due giornalisti – vive in un grande appartamento al quinto piano di un palazzo signorile in viale Brianza. Pareti bianche, parquet in ogni stanza, arredi di buon gusto.

Nel salotto ci sono pochi quadri d’autore, divani color crema e i giochi delle figlie sparsi ovunque sul pavimento. Sul tavolo da pranzo stanno i registri scolastici della moglie, che insegna in una scuola elementare vicino a piazzale Loreto. Quella di Piromalli è una vita del tutto normale: lavoro, scuola, figli e le vacanze da passare rigorosamente in Calabria».

Piromalli, a Milano, si occupa di frutta e verdura, in particolare di esportazione di arance.

«Per l’ennesima volta raccontano Barbacetto e Milosa – Milano si ridesta dal suo torpore, scoprendosi vulnerabile alle infiltrazioni mafiose. Perché Antonio Piromalli è un capo di peso e lo è per diritto di sangue. Erede di un casato mafioso doc, suo padre Giuseppe, che tutti nel mondo della ’ndrangheta chiamano Facciazza, ha regnato per decenni sulla Piana di Gioia Tauro, ha fatto affari, contribuito a eleggere sindaci, appoggiato politici, estorto a imprenditori e ucciso».

Klaus Davi ha voluto incontrare Antonio Piromalli.