La domanda di queste elezioni calabresi era: chi arriva secondo? Perché per il primo posto, i giochi erano fatti (con una distanza fra 10 e 20 punti; più 20 che 10...).
E se i giochi fossero ancora da fare? Girano analisi riservate dell'ultima ora (un classico delle fibrillazioni elettorali, le cui oscillazioni aumentano a mano a mano che ci si avvicina al minuto zero) che rimetterebbero in discussione le certezze coltivate per mesi. Stando a queste rivisitazioni, la distanza fra Roberto Occhiuto, centrodestra, e Amalia Bruni, centrosinistra, sarebbe adesso recuperabile; secondo altri, addirittura ribaltata, pur di pochissimo. Possibile? Quanto sono credibili queste indiscrezioni? A chi sapesse rispondere a una tale domanda andrebbero chiesti i numeri da giocare al lotto.

Ma non era tutto ormai deciso in Calabria? C'è un candidato solo, Occhiuto, per il centrodestra, abituato, per lunga tradizione, a scannarsi al suo interno, ma sempre a unirsi, poi, contro la sinistra; ben tre candidati, invece, Bruni, Mario Oliverio e Luigi de Magistris, per il centrosinistra abituato, per lunga tradizione, a dividersi quasi sempre in tronconi che si accusano reciprocamente di rompere il fronte, per vincere la gara del “voto utile”, che consiste nell'invitare gli elettori a non disperderlo, dandolo agli altri.
Noi cosa abbiamo sempre saputo di queste votazioni? Riassumo: il centrodestra partirebbe già in vantaggio se la sfida fosse uno contro uno (tanto che, secondo alcuni, un risultato inferiore al 50 per cento verrebbe visto addirittura come un segnale d'allarme); figurati se l'altra parte del campo se la dividono in tre. Ma, per la legge elettorale calabrese (una delle peggiori in assoluto, fatta, si direbbe, per poter vincere controllando una minoranza di votanti), chi prende un voto in più diviene padrone del cucuzzaro, al candidato presidente che arriva secondo va uno strapuntino da consigliere, gli altri restano a terra.
Quindi, dando per scontata la vittoria di Occhiuto (senza offesa per gli altri candidati, si espone qui quella che era e ancora è opinione comune), la gara era solo per il secondo.

E come mai a pochi giorni dal voto, quello che era stato certo non lo sarebbe più? Nella fase in cui si può dire tutto e il suo contrario, tentare analisi su un argomento così aleatorio sarebbe tempo perso, adesso conta solo registrare queste inquietudini, vere o presunte, fondate o no, negli opposti schieramenti. Per una tornata elettorale così anomala, forse sarebbe stato sorprendente non avere una possibile sorpresa alla fine. Ricordiamo che è durata quasi un anno (si doveva votare il 14 febbraio scorso e la rincorsa era cominciata l'autunno passato) e che era imprevista, dovendo tornare alle urne (unica Regione in Italia), per la scomparsa della presidente Jole Santelli. Quasi tutto è stato sfasato: di rinvio in rinvio, causa Covid, si è arrivati a oggi; e ogni volta, le segreterie politiche hanno dovuto ricalibrare tempi, strategie, candidature ballerine, alleanze mutevoli...

E ora, la novità che farebbe rivedere i sondaggi sarebbe l'irruzione di Giuseppe Conte, capo dei cinquestelle (ovvero quelli che erano visti come la variante ininfluente o quasi) nella campagna elettorale calabrese: piazze stracolme così, per acclamare il comiziante, non si vedevano da tempo e persino qualche scena di fanatismo conclamato ha fatto il giro virale del web. Quanto durerà questa fase di neo-innamoramento? Boh, ma per quanto poco o tanto possa durare, sino a domenica e lunedì prossimo ci arriva! Ed è allora che si vota. E Giuseppe Conte ieri è tornato a dare l'ultima spinta in Calabria. Vedremo lunedì quanto pesa, ma dopo una così lunga campagna, le variabili dell'ultima ora sembrano bombe anche se petardi. E Conte, petardo non pare...

Vediamo il lato positivo: per quanto possano essere consistenti o meno queste indiscrizioni in finale di partita, fra poche ore si entra in silenzio elettorale e potremo tutti tirare il fiato, al più scambiare per messaggi personali eventuali indiscrezioni non divulgabili per legge. E poi trattenerlo, il fiato, sino al pomeriggio di lunedì, quando questa lunga attesa e contesa vedrà la fine. LaC ne riferirà in diretta e all'istante.

Si dovrebbero dire tante cose adesso: forse, nella storia delle Regioni, nessuno ha mai avuto tante responsabilità come quelle che graveranno sulle spalle di chi sarà eletto fra pochi giorni, perché si dovranno gestire quantità di soldi (le vagonate di miliardi del Recovery Fund) mai viste in Italia, tutte insieme. E, se dobbiamo essere sinceri sino all'ultimo: da quello che abbiamo visto finora, nessuno dei candidati presidenti parrebbe all'altezza di un tale compito. Ma non bisogna disperare: il ruolo li farà crescere, si usa dire. Avendo diretto qualche giornale, ho esperienza di colleghi che erano ritenuti di valore non eccelso e che, messi dinanzi a un compito enorme e imprevisto (a volte non puoi schierare le forze che vorresti, ma solo quelle che hai a disposizione in quel momento), si sono rivelati di capacità inaspettate, che per timidezza, paura di sbagliare o altro, non tiravano fuori. E poi..., e poi c'è la possibilità della furbizia massima (le spero tutte, pur di augurare qualcosa di meglio a questa terra stupenda che il dolore rende a volte cupa, rancorosa, dura con se stessa e con gli altri): qualcuno ricorderà la vicenda di un conclave in cui non si riusciva ad eleggere il Papa, per troppi cardinali potenti contrapposti. Alla fine, decisero di eleggere quello che sembrava il più scarso e inoffensivo, tanto malandato che camminava trascinandosi appeso al bastone e piegato in due. Appena eletto, buttò il bastone e prese il pastorale del pontefice, si erse in tutta la sua altezza, si mostrò sano e vigoroso manco li cani. «Ma non eri piegato in due dai malanni?», chiesero i suoi interdetti e fregati grandi elettori.
«Piegato in due, perché cercavo le Chiavi di Pietro», rispose. «Ora le ho trovate».
Fu un grande Papa. A Napoli dicono: Vulliss 'a Maronn!!