Se la candidatura di Mario Occhiuto per il centrodestra unito in Calabria si fa sempre più complicata, quella dell’altro Mario, Oliverio,  nel centrosinistra, è nel pantano. Insomma, “se Atene piange, Sparta non ride”. La vicenda di Mario Oliverio sembrerebbe ormai ad un giro di boa, nel senso che, Nicola Zingaretti e la segreteria nazionale, pare che abbiano deciso di chiedere con risolutezza un passo indietro al governatore della Regione nella pretesa della ricandidatura, in cambio del concorso ad una soluzione condivisa che possa essere un punto di riferimento unitario per il Pd e per il centrosinistra calabrese.

 

A convincere il segretario nazionale che bisogna accelerare le decisioni in Calabria, oltre gli incontri con vari esponenti del partito calabrese, anche, e forse, prevalentemente, gli esiti di un sondaggio Swg commissionato dal partito nazionale per l’Umbria, l’Emilia Romagna e la Calabria. Secondo tale sondaggio la ricandidatura di Oliverio alle prossime elezioni potrebbe avere esiti rovinosi. Poco meno del 90% dei calabresi, infatti, alla domanda se rivoterebbe Oliverio, sembra abbia risposto di no, in nessun caso. Il sondaggio non è stato ancora reso pubblico, in attesa di un incontro tra  Zingaretti e lo stesso Oliverio. Un incontro che sarebbe slittato a causa di una indisposizione febbrile accusata dal governatore. Sono in tanti a ritenere però, che la febbre dichiarata da Oliverio sia solo una scusa per prendere tempo. E, chiaramente, affinare una strategia di resistenza. Pare, infatti, che nelle stesse ore della convocazione abortita, Mario Oliverio si trovasse a Roma, molto probabilmente per fare il punto con i compagni della sua cordata. La sua posizione politica a questo punto diventa molto difficile. Nei giorni scorsi, il segretario nazionale del PD aveva ricevuto anche il presidente della provincia di Cosenza, ex braccio destro dello stesso Oliverio e che ora sembra alla testa di un ampio schieramento interno al PD che chiede il superamento della candidatura dell’attuale governatore della Regione. E, in queste ore, non è mancata la voce di altri oppositori tra i quali Carlo Guccione, che ha definito l’esperienza Oliverio  fallimentare.

 

Netto anche senatore Ernesto Magorno, neo sindaco di Diamante, il quale, in una intervista ha dichiarato senza mezzi termini che la candiditura di Oliverio vada superata al più presto.  Almeno tra i big, dunque, ad esclusione di quella che ormai viene additata come la banda dei quattro Adamo, Bruno Bossio, Romeo e la compagna del presidente Adriana Toman, quasi nessuno è disposto a fare guerre sante per difendere l’operato della Giunta Oliverio, la quale  anche sul piano amministrativo sta franando su tutti i fronti. L’ultima vicenda dei Corap è emblematica sull’epilogo della riforma degli enti intermedi tanto decantata per tutta la legislatura dal Governatore. E ancora. La nuova emergenza rifiuti, lo stato della depurazione, tanto per citare alcune eterne emergenze, rivelano che 5 anni dopo l’avvento dell’attuale governatore, i problemi sono rimasti tali e quali. Un fallimento. Una catastrofe. Anche sul fronte interno al Pd calabrese, il disastro è ancora più evidente. Il partito regionale resettato. Il commissario inviato da Roma, Graziano, si limita a mediare le guerre tra bande e i relativi capi bastone.  

 

Il PD di Reggio Calabria, commissariato da anni e affidato alle cure del povero Giovanni Puccio, il quale, più che un commissario sembra un marinaio a bordo di una scialuppa prossima al naufragio. La Federazione di Catanzaro è ormai apertamente contro Oliverio e la sua cordata. Ultimo residuo di resistenza, a favore della ricandidatura di Oliverio, è la Federazione di Cosenza del PD, affidata a Luigi Guglielmelli, il quale, stretto tra Nicola Adamo e la Bruno Bossio da un lato e Mario Oliverio dall’altro, conta quanto il due di coppe con la briscola a denari. In una situazione del genere, il vizio attendista, ereditato dal vecchio PCI, esporrebbe al rischio della completa estinzione del centrosinistra calabrese e  ad una sconfitta umiliante. Tutto ciò, è difficile che Nicola Zingaretti se lo possa permettere. Se a tutto questo si aggiunge anche il fatto che il caso Calabria dopo un paio di pezzi sul Fatto Quotidiano è diventato un caso nazionale nel quale  misurare la coerenza al cambiamento del neo segretario nazionale: il dado sembra tratto. E, dunque, l’antropologica mania attendista della sinistra per le decisioni radicali, diventa quasi insostenibile.

Pasquale Motta

 

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