La regione rischia di divenire ancora più piccola e fortemente isolata, più povera e abitata da anziani. Uno scenario terribile che sembra però non preoccupare nessuno. Senza un piano serio e importante sarà impossibile fermare la spirale negativa provocata dallo spopolamento
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La settimana appena terminata è stata ricca di eventi, in forte contrasto tra di loro. E si è chiusa con una notizia che ha sconvolto l’intero Paese: quella della bambina rapita.
Ma ora parliamo d’altro. Parliamo del nostro futuro. La svolta americana avrà conseguenze anche sulla Calabria, che non sta vivendo un momento felice. Qui stanno accadendo alcune cose che si tende a nascondere, a minimizzare, non sapendo come gestirle.
E questo è gravissimo. Perché le istituzioni, i governi a tutti i livelli, sono chiamati a gestire, non a fare proclami, non ad andare alla continua caccia di voti.
Perché governare è un’arte difficilissima, ma qualcuno lo deve pur fare. Ben sapendo che «un uomo politico guarda alle prossime elezioni, uno statista alla prossima generazione». In Calabria ci sarebbe molto da fare, ma ci sono alcuni temi che non possono essere più sottaciuti. Possiamo far finta di non vedere che la Calabria si sta paurosamente svuotando? Possiamo far finta di non conoscere la proiezione dello Svimez sul Mezzogiorno? Eccola: da qui al 2080 la popolazione a sud del Lazio scenderà di 8 milioni di residenti. La Calabria rischia pesantemente di divenire ancora più piccola e fortemente isolata, ancora più povera, e abitata da anziani. Uno scenario terribile che sembra non preoccupare nessuno.
L'Europa aveva chiesto di fermare l’esodo dal Sud attraverso la più grande occasione d'investimenti pubblici dal Dopoguerra: il Piano nazionale di ripresa e resilienza, con oltre 215 miliardi di euro destinati a cambiare il volto del Paese e a rilanciare l’economia del sud. Ma questa occasione già adesso si può dire che è stata sprecata. Molte risorse sono state utilizzate per progetti inutili e comunque non all’altezza della sfida. Serve davvero a poco riempire i paesi di asili nido nel momento in cui non nascono più bambini.
Il Sud si spopola, la Calabria si è già in buona parte spopolata, ma le annunciate politiche per la famiglia, di cui si parla da trent’anni, non hanno mai prodotto alcun beneficio. Per cui, per le nuove coppie già sposarsi è un problema, figurarsi avere più di un figlio.
Stiamo assistendo ad un momento storico molto preoccupante, grave.
Che fare? Appare sempre più urgente la riqualificazione delle aree interne, l’inserimento lavorativo dei giovani, una strategia per il lavoro delle donne, e abbiamo urgente bisogno dell’integrazione dei migranti che sono indispensabili alle nostre aziende. Occorre sostenere le imprese attive sul territorio, un piano per le infrastrutture che sono da terzo mondo, migliorarne i servizi. Senza un piano serio e importante sarà impossibile fermare la spirale negativa provocata dallo spopolamento. Possiamo anche passare anni a discutere del Ponte sullo Stretto, nel frattempo interi paesi, intere comunità della nostra regione sono destinati a sparire entro i prossimi 30 anni, cancellando così storie millenarie, e il futuro della nostra Calabria.
Il mio non vuole essere in alcun modo catastrofismo, io sto ragionando sui numeri e i numeri sono prodotti da istituti che studiano da decenni l’andamento demografico, lo sviluppo delle economie, i rapporti nei territori.
Sappiamo benissimo che sono tutte cose complicate e difficili. Ma lo ripeto ancora: l’unica cosa che non può fare una classe dirigente seria e preoccupata del futuro della propria terra è di stare fermi, di stare zitti, di far finta di non capire.