Calabria ad una svolta nella comunicazione del vino? Il segnale giunto dal Vinitaly che si è appena concluso è molto positivo ed è auspicabile che si insista senza tentennamenti lungo la strada tracciata. Non mi soffermerò volutamente su alcuni aspetti che ancora non mi convincono (alcuni più di altri), con l'intento di favorire un ragionamento in positivo. Partiamo dalla generalizzata voglia di fare delle cantine, consapevoli dei sacrifici e del lavoro macinati negli anni.

È maturata una diffusa consapevolezza sulla necessità di fare sistema, perché il problema principale resta quello di posizionarsi sui mercati, dal livello locale a quelli internazionali, riuscendo a imporre prezzi remunerativi. Vendere e non svendere! Il vino, forse più di ogni altro prodotto agroalimentare, è espressione di un territorio specifico, ne è il frutto, lo racconta, lo spiega, lo interpreta, lo declina.

Su questo fronte la Calabria sconta ancora, a mio avviso, un ritardo notevole, perché la comunicazione integrata non è diventata un pezzo decisivo e strutturale della filiera. Troppo spesso si confonde la comunicazione con la “pubblicità”, quando invece la narrazione è tanto importante quanto la fatica in vigna, la vinificazione in cantina, il packaging. Senza una “storia” convincente non si ha personalità, non si ha distintività, non si è riconoscibili. La comunicazione integrata, quindi, non è un orpello, non è un fattore da prendere in considerazione in maniera episodica o addirittura marginale: non utilizzarla è come non disporre di uva buona o non saper curare il mosto. La globalizzazione ha reso ancora più indispensabile questo approccio. Al Vinitaly 2024 ho avuto l’impressione, valutata con attenzione, che ci sia stata una decisa ripartenza. Ecco quindi che giungiamo al dato politico.

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Ho ascoltato con grande attenzione le parole del presidente Roberto Occhiuto e dell’assessore Gianluca Gallo, per cui posso attestare che hanno dimostrato di avere le idee chiare sulla strategia da perseguire. Era presente a Verona anche l’assessore Rosario Varì che si occupa di sviluppo economico ed ha dato anch’egli il proprio contributo, così come il commissario Arsac Fulvia Caligiuri, all’affermarsi di una nuova stagione di collaborazione, sinergie, visioni comuni. Permane qualche sacca di resistenza, forse anche non ingenua, che non ci interessa mettere in evidenza, ma l’indirizzo dato dal Governatore e dal suo delegato all’Agricoltura è stato palese e determinato. A mente fredda, dopo il grande impegno profuso al Vinitaly e che il Network di LaC sta diffondendo giorno per giorno su tutti i propri potenti mezzi (mai visto nulla del genere da tanti anni a questa parte e sfido chiunque, dati alla mano, a sostenere il contrario), possiamo fissare alcuni punti fermi. Facciamolo in modo schematico.

1. Le cantine hanno accettato la sfida della collettiva unica, abbandonando in diversi casi postazioni importanti che non riusciranno a riottenere, almeno in tempi brevi. Il Vinitaly è fiera leader, per cui può dettare le regole: se ti sposti ti metti in lista d’attesa. I vitivinicoltori calabresi hanno risposto “sì” alla chiamata di Occhiuto e Gallo, hanno accettato il rischio e sono rimasti soddisfatti della scelta: non ho avvertito malesseri o gelosie, che magari al giornalista si confidano. Ognuno ha fatto il proprio lavoro convinto di avere buone carte da giocare. Chiunque sia giunto al Padiglione 12 ha avuto modo di immergersi nella Calabria del vino, dal Pollino allo Stretto, dalle imprese più grosse e consolidate alle proposte recenti. Da Librandi a Iuzzolini, da Capoano a Zito, da Caparra & Siciliani a Lento, da Ferrocinto a Tramontana, da Giuseppe Ippolito a Mario Bruni… tutti lì, a distanza di pochi metri.

2. Positiva l’idea di accogliere, tra i vini, anche gli amari. In questo comparto la Calabria è leader assoluta a livello nazionale e vanta, a partire dal gigante Caffo che da solo significa circa il 40% del mercato italico, tante etichette davvero interessati e quasi tutte ispirate dalla massima valorizzazione delle essenze locali. Idea corretta, da confermare, ma con un coinvolgimento maggiore delle professionalità autoctone.

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3.Finalmente, dopo scelte molto discutibili di “brand” rispetto ai quali qualcuno dovrebbe anche recitare un “mea culpa”, la cultura e l’economia dei vini di Calabria vengono strettamente collegati alle radici identitarie di una terra antichissima e nobilissima. Ora sono costretto ad autocitarmi perché come “Vox clamantis in deserto” per tanti anni ho combattuto una battaglia solitaria. Ho gridato ad alta voce: siamo la Terra degli Enotri, civiltà del II millennio a.C., finitela di parlare solo di Magna Grecia, per quanto splendida, e soprattutto di guardare ai modelli astrusi di quanti non hanno una storia alle spalle e devono inventarsi mode di corto respiro. Enotri ed Alberello Enotrio (quest’ultima una mia intuizione originale): finalmente se n’è parlato e sono stati messi al centro del convegno inaugurale.

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Sono contento per la Calabria, non per me, nella certezza che una distintività assoluta perché figlia di stratificazioni millenarie, inimitabile, preziosa, non delocalizzabile, fortemente identitaria, tanto affascinante quanto suggestiva, non possa che far bene ai sacrifici e ai sogni dei produttori. Devo sottolineare che un comunicato ufficiale di sintesi ha attribuito ad altri le mie riflessioni sugli Enotri ascoltate e apprezzate da tutti i presenti. Forse un banale errore, o una lontana eco di certe atmosfere magnogreche. Vedremo! Enotri ed Enotria: una civiltà sviluppatasi nella Calabria collinare diversi secoli prima che i coloni Greci fondassero città stabili tra Jonio e Tirreno.

Enotri, secondo il giudizio del grande storico Ciaceri e di diversi autorevoli esperti, deriva da “onitron”, il palo secco della vite, una vera rivoluzione nella vitivinicoltura mondiale. Non la vite maritata degli Etruschi, peraltro presente nel mitico racconto calcidese della fondazione di Reggio, attorcigliata attorno a un albero vivo, bensì un’innovazione epocale ancora viva nelle campagne calabresi con la coltivazione ad alberello sorretta da una canna (ormai rara) o da un tronchetto di legno. L’antica Calabria, quindi, ha svolto un ruolo decisivo nell’evoluzione della vitivinicoltura del Mediterraneo, e molto probabilmente ha offerto contributi autoctoni fondamentali. Ecco quindi che il “claim” scelto dalla Regione, “dove tutto è cominciato”, ha un senso profondo, autentico, vero, sul quale occorre insistere. Apprezzabile la mostra di riproduzioni di reperti archeologi riguardanti l’immensa tradizione agroalimentare calabrese: si può fare di più e con maggiore convinzione e spirito di collaborazione! L’Enotria non è un mito o un’invenzione letteraria, ma è attestata da studi storici di grande valore scientifico (penso a quelli della professoressa Giovanna De Sensi Sestito), nonché da evidenze archeologiche con le quali si sono misurati maestri della materia, a partire da Renato Peroni, condotte in prevalenza nella Sibaritide.

4. Il riferimento ai numeri e alle statistiche ufficiali (si consulti la sezione Economia di LaC News24) è stato accettato e qualche improvvisato mal di pancia accantonato: la Calabria del vino è piccola, è una nicchia che rappresenta appena un quarto di punto percentuale della produzione nazionale. Al Vinitaly lo hanno ricordato anche Occhiuto e Gallo. Essere piccoli non significa, però, arretratezza o marginalità, ma al contrario questa condizione, purché analizzata, compresa, capita, metabolizzata, può dimostrarsi un valore aggiunto se si saprà puntare su una vitivinicoltura in grado di raccontare millenni di storia e territori straordinari. Piccoli sì, ma unici, preziosi, attraenti, speciali, diversi e direi anche migliori.

Chiudo questa lettura del Vinitaly 2024, senza affondare il bisturi in qualche piaga da guarire, con una novità rilevantissima presentata a Verona e firmata “LaC”: il sistema Grand Terroir®. Ne sentirete parlare ancora molto, perché il network LaC vuole convincere tutti che la comunicazione integrata professionale è un tassello fondamentale di ogni filiera produttiva, e a maggior ragione di quelle agroalimentari. Grand Terroir® (www.grandterroir.it), partendo da princìpi “filosofici” e culturali forti e originali, che ho contribuito a delineare, si articola in tutta una serie di attività progettuali che portano a sintesi persone, aziende, territorio e identità. LaC dispone di mezzi mediatici potenti, rafforzati da un uso intelligente delle nuove tecnologie: Grand Terroir li utilizzerà per costruire sviluppo sostenibile e aiutare la crescita sana, la voglia di fare e di intraprendere, in una logica di pura meritocrazia.