Lavoro, lavoro, lavoro. Una necessità quanto mai vitale in un periodo in cui la crisi morde più che altrove, più che in passato. La possibilità di tornare a lavorare è quella che chiedono i commercianti ambulanti della provincia di Vibo Valentia, specie coloro che partecipano a fiere e sagre. Eventi ancora bloccati, malgrado l’apertura ai mercati, malgrado l’apertura delle discoteche, dei lidi e della gran parte delle attività all’aperto.

 

I commercianti aderenti all’Ana (Associazione nazionale ambulanti), con in testa il referente provinciale Salvatore Alessandria, questo pomeriggio sono stati ricevuti dal viceprefetto Eugenio Pitaro, il quale si farà portavoce delle loro istanze con il capo dell’Utg Francesco Zito. L’obiettivo è avviare un’interlocuzione con i sindaci del Vibonese affinché possano permettere l’apertura di fiere e sagre, per molti di loro unica fonte di sostentamento.

 

Sono arrabbiati e non poco, gli ambulanti vibonesi. Una situazione a loro dire, per certi versi, paradossale: «La presidente Santelli invita i turisti a venire ad ingrassare in Calabria e poi vieta a noi di svolgere il nostro lavoro». Arrivano da ogni angolo del Vibonese, e in ogni angolo del Vibonese, in questo periodo dell’anno, installavano i loro stand. Per molti di loro l’unico sbocco sono sagre e fiere, perché «in un mercato rionale, un camion col tiro a segno, ad esempio, non ha senso».

 

«Siamo stanchi - afferma uno di loro - di sentirci dire “ci dispiace, per quest’anno ormai è così”. Ed io per quest’anno come do da mangiare ai miei figli?». L’estate, ovviamente, è la stagione per eccellenza per tutti gli ambulanti: «Noi lavoriamo da marzo a novembre, chiudiamo con la fiera di Amantea il giorno di Ognissanti. Fino ad oggi la crisi sanitaria ci ha immobilizzato, come d’altronde tutti i lavoratori. Ma da questo momento è assurdo continuare a non farci lavorare». Spiega Alessandria: «Il sindaco di Lamezia Terme, Paolo Mascaro, ha fatto una cosa egregia: si è preso la responsabilità di farci lavorare, ci ha giustamente imposto un protocollo di sicurezza, distanze tra i banchi, mascherine, igienizzanti. E tutto è filato liscio. Come lui, solo altri due Comuni, entrambi del Catanzarese, ci hanno fatto lavorare». Ma a Vibo ancora le porte sono «incomprensibilmente» chiuse.

 

«Non possiamo andare avanti in questo modo, delle scuse e dei “mi dispiace” non sappiamo che farcene. Tra l’altro, il passeggio nei paesi e nelle cittadine c’è comunque, basti vedere cosa c’era qui a Vibo sabato sera. È inaccettabile venire penalizzati in questo modo». L’appello è «col cuore in mano»: «Diteci come dobbiamo fare, ma fatecelo fare».