Precari del Pnrr Giustizia di nuovo in piazza a Reggio Calabria. I lavoratori, che hanno svolto un ruolo fondamentale nell'abbattimento dell'arretrato del sistema giudiziario, si trovano ora a rischio di esclusione dalla stabilizzazione prevista dal Governo. La situazione è particolarmente critica in Calabria, dove la stabilizzazione riguarderà solo una parte dei lavoratori, lasciando molti — si parla di almeno 830 lavoratori — senza certezze sul loro futuro occupazionale.

Secondo quanto sostiene Simone Alecci, operatore data entry e delegato Usb presso il Tribunale di Reggio Calabria «il tema sollevato riguarda una problematica molto rilevante e complessa legata alla precarietà nel settore pubblico, in particolare nel Ministero della Giustizia. Ci sono diversi aspetti cruciali da considerare: la discriminazione del ministero rispetto agli altri, la scadenza dei contratti dei precari entro giugno 2026, e le problematiche legate alla carenza di personale che sta impattando negativamente sul funzionamento dei tribunali e sulla qualità dei servizi offerti ai cittadini».

Alecci prosegue: «Il Ministero della Giustizia, infatti, si trova in una condizione di grave carenza di personale. Oltre 10.000 unità mancano per raggiungere i livelli pre-crisi del 2011, e la stabilizzazione dei precari, che rappresentano una risorsa fondamentale, appare incerta. Questo ha conseguenze dirette sul funzionamento dei tribunali, dove il personale precario ha contribuito in modo determinante alla funzionalità del sistema. Se non verranno prese decisioni concrete, si rischia di mandare il comparto giustizia in crisi, con impatti negativi sulla qualità del servizio reso ai cittadini».

A Reggio, come in altre città italiane, i manifestanti hanno chiesto la stabilizzazione di tutti i precari, nessuno escluso, sottolineando che il lavoro svolto fino a oggi è stato essenziale per garantire il regolare funzionamento della giustizia. La protesta ha anche messo in evidenza la necessità di investire in un lavoro stabile e duraturo, piuttosto che continuare a perpetuare la precarietà.

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