VIDEO | Nel nostro viaggio nei locali che hanno fatto la storia della movida calabrese siamo entrati nella suggestiva struttura di Stalettì che per scelta dei titolari questa volta non aprirà i battenti
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Situato su un promontorio che si affaccia su uno degli scorci più belli della costa jonica, il Rebus club di Stalettì, in provincia di Catanzaro, avrebbe a breve festeggiato i suoi cinquanta anni. Fondato nel 1970 con coraggio e lungimiranza da Tino Carpanzano, dal 2014, dopo la sua scomparsa, sono stati i figli Aldo e Fabrizio a portare avanti con grande passione la struttura. Lo scorso anno, la dolorosa, ma ormai definitiva chiusura delle attività.
Il racconto
«Tutto nasce dalla “visione” di mio padre – ha spiegato Fabrizio – perché con mio fratello lo abbiamo sempre considerato un visionario e non un sognatore perché vedeva le cose molto tempo prima degli altri. Io e Aldo siamo stati bravi a fare del Rebus un’azienda efficiente, ma la parte visionaria di mio padre era speciale e unica per noi». «Negli anni ’70 mio padre – ha raccontato ancora – portò gruppi musicali di musica funky e black, che era nata proprio in quegli anni. E poi, si facevano tante feste a tema ed in particolare, ogni anno, ripetevamo sempre quella di carnevale. La gente si prestava molto a queste iniziative perché forse c’era un modo più genuino e puro di divertirsi e quindi partecipavano con molto entusiasmo».
La figura della signora Annamaria
Accanto ad un imprenditore coraggioso e tenace, una grande donna che lo ha aiutato in questa meravigliosa avventura. «Mia madre è un po’ la madre di tutti qui al Rebus – ha detto Fabrizio – la persona che più di ogni altro, soffre la mancanza di questa nostra creatura».
Gli anni del Piper Club
Con le sue terrazze sul mare ricche di fascino e di magia, il Rebus non è solo il custode di storie ed emozioni per le tante generazioni che lo hanno frequentato, ma anche esempio di una Calabria che è stata capace di stare al passo con le poche realtà importanti nate negli anni 70. Dagli Stati Uniti arrivavano gli echi dei club più famosi, in Italia c’era il mito del Piper ed erano nate le prime discoteche nella riviera romagnola.
Oltre alla suggestiva bellezza, la consapevolezza di vivere un pezzo di storia portano tanti giovani e meno giovani a non rassegnarsi ad un’estate senza rebus.
Il “Rebus è famiglia”
«Per noi il Rebus è famiglia – ha spiegato Fabrizio Carpanzano – abbiamo sempre definito così il nostro locale perché il nostro modo di gestire le attività, negli anni, ha sempre promosso un divertimento sano. La magia è che i nostri clienti, anche se ho difficoltà a definirli tali perché nel tempo sono diventati amici – ha detto ancora Fabrizio – hanno sposato la nostra filosofia e fatto del nostro locale, un punto di ritrovo sicuro dove sentirsi a casa». «Anche per noi – ha detto Carpanzano – è la prima estate senza Rebus e dispiace tanto perché questo locale ha rappresentato e rappresenta un valore, ma la nostra scelta è ponderata. Ci siamo forse concessi il lusso di chiudere un locale che è sempre andato bene, ma siamo pronti a nuove esperienze e nuove avventure di lavoro che con molta probabilità partiranno dalla prossima stagione estiva».
La questione parcheggi sulla 106
Sulla questione relativa alle numerose auto parcheggiate dagli avventori lungo la 106 durante le serate organizzate dal Rebus e sui relativi rischi, Carpanzano ha spiegato che «il problema nasce da un paradosso storico perché il Rebus nasce nel 1970 a ridosso della vecchia 106 che era a traffico lento e non vi erano le stesse problematiche di oggi. E’ sempre stato un disagio che abbiamo considerato”. Ma assicura: «La scelta di chiudere il locale non è dipeso da questo – ha detto – perché il problema si sarebbe potuto affrontare in diversi modi: con un servizio navetta o con altri parcheggi».
Il futuro del Rebus
I locali sono in perfetto stato ed anche se non saranno più destinati al mondo delle discoteche, per i più nostalgici, arriva una buona notizia: in futuro, per la suggestiva location, si pensa ad altri usi, ancora da definire. «Stiamo pensando – ha detto Fabrizio – a soluzioni alternative per sfruttare questa location privilegiata: siamo a picco sul mare ed è una struttura storica. Dobbiamo programmare e valutare cosa fare e quando farlo, ma sicuramente il Rebus avrà un futuro in altri ambiti».
Daniela Amatruda