Ricordate il rigassificatore che diverse grandi aziende nazionali volevano fare a Gioia Tauro? Rammentate quando per la gestione dei depositi costieri nacque uno scontro istituzionale durissimo fino al naufragio dell’iniziativa dei gruppi “Sensi” e “Falck” ? E, infine, che dire dei cantieri navali della Zen, inaugurati dal governatore Loiero, ma finiti dentro un contenzioso giudiziario con l’Autorità portuale che paralizzò ogni investimento ?

 

Tutte cose mai fatte. Tutti progetti con un grande oppositore: la società Medcenter. È storia nota che per il timore che i lavori diversi dal trasbordo dei container potessero rallentare l’andirivieni delle navi, l’azienda ha ostacolato – in forme palesi o facendo lobby – qualsiasi utilizzo del porto diverso dal transhipment. Un semaforo rosso acceso anche su aree su cui non era e non è competente, visto che la concessione statale cinquantennale riguarda solo il terminal container.

 

Ecco perché fa un certo effetto, oggi, scoprire che nel “Programma di risanamento aziendale” presentato dai controllori della banchina gioiese, grande attenzione  viene data allo sviluppo del retroporto, porzione di territorio su cui il terminalista non avrebbe voce in capitolo. Ieri settore che Mct guardava col fumo negli occhi, oggi luogo verso cui si punta per rilanciare il proprio business, tenendo conto della forte crisi in cui si trova il Distretto industriale. Ieri, partita da cui i manager di Contship hanno escluso tutti, oggi chance chiesta alla politica per collocare una parte dei 400 portuali da licenziare. Scopriamo così che l’azienda Medcenter ieri era monopolista privato in un bene pubblico, oggi è statalista in questo fotofinisch sociale che sa di resa. E senza pentimento. (1-continua)

 

Agostino Pantano