Nelle prime bozze del “decreto rilancio”, a cui sta lavorando il governo, si profilava uno svantaggio per il porto di Gioia Tauro, il cui ente di gestione non è ancora quella “Autorità di sistema” che la riforma del 2016 ha varato. Un incidente diplomatico non di poco conto, quello che forse l’esecutivo ha sanato, perché nello scalo calabrese vige ancora un organismo – una Autorità portuale – che è morto e sepolto ovunque, tranne che qui, vista la scelta di tenere ancora dopo 6 anni commissariati gli uffici.

 

Nel lavoro romano stava passando l’idea dell’occhio di riguardo verso le Autorità portuale e di sistema logistico, con Gioia Tauro che rischiava di ricevere meno benefici. «Il motivo di questa prolungata penalizzazione – ammette il sindaco di Gioia Tauro, Aldo Alessio – è dovuto al fatto che a Roma non hanno un progetto per Gioia Tauro, mentre noi chiediamo da tempo che si passi dalla fase straordinaria a quella ordinaria insediando un ente che è l’unico capace di rispondere alle sfide della competitività». Senza passaggio al nuovo sistema, si continua a gestire con appena 24 dipendenti 4 porti.

 


A fare eco ad Alessio, è il collega di San Ferdinando – candidato col pd alle recenti Regionali – che conferma. «Ho posto il tema – risponde Andrea Tripodi – ma su questo problema come su altri non ho ricevuto risposte». Sebbene incastrato in un sistema in cui le 14 AdS formate galoppano, l’ente gioiese si gode i nuovi record del porto, arrivati proprio in questi giorni di emergenza, e il commissario straordinario Andrea Agostinelli annuncia: «Tra poche ore risolveremo il problema della gestione del gateway ferroviario e il 26 maggio ospiteremo la nave più grande del mondo».