Sarà il Sud a “pagare” il sistema scolastico del Nord: i paradossi del regionalismo differenziato

La maggiore autonomia di Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna comporterà un drenaggio di risorse oggi destinate al Meridione. Le intese con Palazzo Chigi prevedono infatti la possibilità di bypassare il principio dei “fabbisogni standard” e ripiegare sul parametro della spesa statale media che in Calabria è la più alta

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di Enrico De Girolamo
6 maggio 2019
18:35

Ci sono realtà che sfuggono alla percezione quotidiana e che trovano riscontro soltanto nei numeri e nelle percentuali. Così, difficilmente si potrebbe credere che in Calabria il sistema scolastico costi più che nelle altre regioni d’Italia, se non ci fossero le cifre a confermarlo.
Nella regione più a sud della Penisola, la spesa statale media è di 4.722 euro per studente, il 22% in più della Lombardia, considerata la regione dove le cose funzionano meglio e dove lo Stato spende 3.865 euro l’anno per ogni alunno. Se poi si guarda alla spesa media pro capite riferita all’intera popolazione residente, questa in Calabria è addirittura il 49% in più rispetto alla Lombardia (685 euro contro 459 euro).

 


Le cifre nelle carte del Governo

Le cifre in questione sono indicate tra gli allegati agli accordi sul regionalismo differenziato, imbastiti tra Palazzo Chigi e le regioni Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna. Come è noto, le tre grandi regioni del Nord spingono per la piena attuazione dell’articolo 116 della Costituzione, che prevede “ulteriori forme di autonomia” da attribuire alle regioni, nel rispetto dell’articolo 119, che a sua volta, però, promuove la coesione nazionale anche attraverso un fondo perequativo a favore dei territori che hanno una minore capacità fiscale per abitante. Come dire, più autonomia sì, ma senza compromettere l’unità del Paese, creando regioni di serie A e di serie B.
Con la Lega al governo, la necessità di impedire disparità è finita in secondo piano e le spinte autonomiste hanno riacquistato forza, tanto che da più parti si teme che dietro l’angolo ci sia una sorta di secessione delle regioni ricche a danno delle più povere. Questo, per sommi capi, è il contesto nel quale si inseriscono i conteggi e le previsioni per comprendere in che modo lo scenario nazionale possa cambiare nel prossimo futuro.

 

Il sistema scolastico è la voce più costosa

Le stime sull’impatto finanziario del regionalismo differenziato indicano che il settore più rilevante in termini economici sarebbe proprio quello dell’istruzione scolastica.
Le bozze concordate con Palazzo Chigi prevedono che le risorse finanziarie necessarie ad attuare la maggiore autonomia debbano essere calcolate attraverso l’adozione del principio dei “fabbisogni standard” (la dotazione finanziaria di cui un ente necessita in base alle caratteristiche territoriali e agli aspetti socio-demografici della popolazione residente), da calcolare entro un anno dall’entrata in vigore dei decreti di attuazione del regionalismo differenziato. Un parametro di alta civiltà giuridica e democratica che però è estremante difficile da calcolare. Così, sempre negli accordi imbastiti con il Governo, è stabilito che, qualora i fabbisogni standard non vengano adottati, l’ammontare delle risorse destinate alle regioni interessate non potrà comunque essere inferiore al valore medio nazionale pro-capite della spesa statale per l’esercizio delle stesse. La conseguenza è che per foraggiare l’autonomia di Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, bisognerà tagliare nelle regioni dove quella spesa pro capite è più alta. Anche perché è difficile immaginare che le regioni interessate si impegnino per l'utilizzo di parametri a loro meno favorevoli. Per il sistema scolastico, questo significa almeno un miliardo e 400 milioni di euro (fonte lavoce.info) l’anno da drenare nelle regioni che per il settore impiegano più risorse statali, quelle del Sud.

 

Perchè in Calabria si spende di più

I motivi che determinano questa disomogeneità dei costi del sistema scolastico italiano non sono da riscontrare (solo) nell’inefficienza amministrativa di chi spende di più ottenendo di meno in termini di qualità e servizi, ma in variabili come la diversa proporzione tra numero di docenti e studenti.
Nel Mezzogiorno, e in Calabria in particolare, le classi della scuola primaria e secondaria inferiore sono meno affollate perché esistono molti comuni di collina e di montagna. Secondo i dati del Miur, infatti, in Calabria le classi elementari hanno una media di 15,9 alunni, contro i 20,7 dell’Emilia Romagna, i 20,4 della Lombardia e i 19,2 del Veneto. Sempre in Calabria, le classi con meno di 15 alunni sono il 41%, contro il 17% del Veneto e l’11% di Lombardia ed Emilia Romagna. E più insegnanti significa un costo maggiore di tutto il sistema scolastico.
Ad alzare la spesa contribuisce anche l’età dei docenti, che da queste parti è in media più alta e, dunque, con retribuzioni maggiori. In particolare, i docenti con più di 45 anni sono l’80,6%, contro il 66,6 per cento del Veneto e poco meno del 62% per Lombardia ed Emilia Romagna.
Alla fine della fiera, nonostante i risultati lascino spesso a desiderare, la spesa media statale pro capite al Sud risulta più alta ed è qui che si attingerà per consentire al regionalismo differenziato di salpare. Salvo contrordini e aggiustamenti in corsa che però, almeno sino ad ora, non sembrano stagliarsi all’orizzonte.

 

Enrico De Girolamo

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