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La proposta del governo italiano di non includere gli investimenti in sicurezza nei paletti del Patto di Stabilità è "legittima e necessaria, soprattutto dopo che gli ultimi attentati a Bruxelles hanno reso chiaro, una volta per tutte, che servono nuovi strumenti per far fronte a queste minacce. Serve individuare priorità strategiche e aumentare la capacità di azione sia sul versante degli investimenti tecnologici che sul piano delle risorse umane".
Ne è convinto Mario Caligiuri, direttore del Master in Intelligence e direttore del Centro Studi sull'Intelligence dell'Università della Calabria che, parlando con Cyber Affairs, spiega: "Di fronte alle nuove minacce, è anche cambiata la genetica dell'intelligence: meno James Bond e più George Smiley, cioè meno spericolati eroi solitari e più persone che lavorano quotidianamente sul campo insieme ad analisti capaci di uno sguardo lungo. Investire in sicurezza significa difendere libertà e democrazia. Questo consente di alzare la guardia sulle frontiere cyber ma anche, nell'immediato, di individuare risorse e strumenti legislativi per far fronte alle nuove minacce".
"Come sottolinea spesso l'ambasciatore Giampiero Massolo, Direttore Generale del Dis - prosegue Caligiuri - l'intelligence è tenuta a proteggere il sistema Paese per fornire al Governo le informazioni giuste al momento giusto". Ma ora è necessario anche imprimere un segno diverso, di ordine culturale, poiché, come ha sottolineato il premier Renzi, la cultura e la formazione hanno un ruolo cruciale per combattere il fondamentalismo. Gli attentati di Bruxelles, per adesso gli ultimi, hanno confermato, una volta per tutte, che non si può perdere tempo. L'Unione europea riesce a trovare le intese più impensabili, come quelle sulle dimensioni degli ortaggi e sui centimetri della curvatura delle banane, ma fatica ad accordarsi su questioni strategiche come le politica estera e di difesa".
Oggi il dibattito è sulla necessità di costruire una Intelligence comune europea. Una prospettiva che per realizzarsi - spiega a Cyber Affairs il professor Mario Caligiuri - "necessita di un salto di qualità politica della Ue. Lo scambio di informazioni tra gli 007 europei è cresciuto nel tempo, ed è un metodo operativo che viene intensificato. Occorre coordinamento delle attività di Intelligence con quelle delle forze di polizia anche in Europa, sul modello che abbiamo realizzato in Italia col Comitato di analisi strategica antiterrorismo (Casa)". Caligiuri non ha dubbi: "L'Intelligence è storicamente il cuore degli Stati. Mai come in questi ultimi anni la collaborazione tra intelligence si è così incentivata nel condividere i dati. Le attività, però, restano sostanzialmente legate alla sovranità nazionale. C'è ora un passo da completare: la messa in comune delle banche dati, che ancora non è piena per ragioni di tipo giuridico. Ma è un miglio ulteriore che si sta facendo e l'Italia rappresenta un esempio virtuoso perché c'è un sistema di collaborazione tra Intelligence e forze dell'ordine intenso e assiduo. È opportuno che questo accada nei contesti nazionali europei. È una responsabilità comune".
"Quella jihadista, così come quella delle mafie - rimarca l'esperto - è una minaccia liquida e dai mille volti, che supera i confini degli Stati mentre il contrasto avviene su base nazionale: è evidente il loro ulteriore vantaggio. Oltre ai necessari investimenti servono regole europee e nazionali che agevolino il lavoro dei Servizi. L'Intelligence è uno strumento non convenzionale che opera sotto la diretta responsabilità del decisore politico, ed ha bisogno di regole più applicabili e di risorse finanziarie per cambiare le cose sul terreno per ridurre le situazioni di rischio".
In questo senso, conclude il docente, tanto l'Europa quanto l'Italia devono riflettere: "Dopo la politica discutibile che per tanti anni si è fatta sull'immigrazione, e più recentemente nel Mediterraneo e nel Medio Oriente - argomenta Caligiuri - oggi che la situazione è già compromessa cerchiamo soluzioni "à la carte" e riteniamo che l'intelligence possa rappresentare uno strumento miracoloso rispetto al problema drammatico e prevedibilmente crescente che abbiamo di fronte. Il tema, invece, è, come sempre, prima di tutto culturale: i Servizi sono oggi più fondamentali che mai, ma non sono l'acqua di Lourdes: soprattutto dopo che per tanti anni si è fatto di tutto per indebolirli e demonizzarli".