Il commissario straordinario del Consorzio delle attività produttive scrive al presidente Oliverio, ai cinque rappresentanti territoriali del Governo e ai consiglieri regionali. Circa 100 lavoratori rischiano il posto, ma oltre al problema occupazionale a preoccupare è l'emergenza ambientale che deriverebbe dal blocco degli impianti di depurazione dei liquami fognari
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Ci siamo: al Corap partono i licenziamenti. La parabola discendente del Consorzio regionale per le attività produttive si inabissa nel provvedimento più temuto dai circa 100 dipendenti in organico.
A mettere in moto le procedure di mobilità e per la riduzione del personale è il commissario straordinario del consorzio controllato dalla Regione, Fernando Caldiero, che ha inviato una nota informativa al governatore Mario Oliverio, all’assessore al Bilancio e alle Attività produttive, Mariateresa Fragomeni, ai dirigenti dei vari settori competenti, ai cinque prefetti calabresi e ai consiglieri regionali.
Dopo aver ricordato di avere sollecitato da tempo l’assegnazione di nuove risorse per «far fronte alle perdite sin qui registrate e per ripianare il grave deficit patrimoniale» o, in alternativa, «che vengano adottate le misure ritenute più opportune per giungere alla celere liquidazione dell’Ente», Caldiero prende atto che ad oggi nessuna delle due strade è stata imboccata dalla Regione.
In queste condizioni, spiega il commissario straordinario, «perdura e si aggrava lo stato di deficit finanziario, patrimoniale ed economico dell’Ente, tanto da non poter garantire il mantenimento dei servizi primari ed essenziali ed in particolare i servizi della depurazione, nonché, svolgere le attività proprie del Corap».
Non solo licenziamenti all’orizzonte, quindi, ma anche un catastrofico blocco dei depuratori, laddove sono gestiti dal Corap.
A soffocare l’attività del consorzio sono anche «i molteplici pignoramenti presso terzi promossi dai creditori dell’Ente aventi ad oggetto i crediti da quest’ultimo vantati, che ne rendono impossibile il materiale incasso, circostanza che contribuisce ad inasprire la situazione di crisi, anche nella prospettiva della continuità aziendale».
Come se non bastasse, «l’impossibilità di sanare gli omessi versamenti di contributivi previdenziali e delle imposte pregresse, i cui importi hanno già superato le soglie di rilevanza penale».
Da qui ai licenziamenti il passo è brevissimo, e sebbene la prospettiva del “tutti a casa” fosse sempre stata presente con il conclamarsi della crisi, vederla ora nero su bianco restituisce drammatica lucidità a una vicenda resa opaca dalla politica.
«La gravità della crisi economica, finanziaria e patrimoniale ad oggi riscontrata – continua Caldiero - si riverbera inevitabilmente sul piano della corretta gestione delle risorse umane. Difatti, da una parte, il costo del lavoro risulta del tutto esorbitante rispetto alla situazione economico-finanziaria dell’Ente e alla sua reale produttività; dall’altra, le risorse umane risultano sovradimensionate rispetto ad attività che, come si è posto in rilievo nella citata relazione, danno ormai luogo ad una perdita strutturale».
Il commissario, nel prendere atto che allo stato attuale «non sussiste la possibilità di ricorso a strumenti normativi idonei a fronteggiare una situazione di crisi che può rapidamente assumere i caratteri della completa irreversibilità», chiede che vengano attivate «le procedure di cui agli artt. 4 e 24 Legge n. 223 del 1991», in pratica la normativa che disciplina la messa in mobilità e la riduzione del personale in situazioni di crisi aziendale.
Infine, nel chiedere l’avvio dei licenziamenti, il commissario auspica «la collaborazione delle parti sociali e delle pubbliche autorità preposte, affinché possano concordarsi percorsi idonei a ridurre l’impatto sociale degli esuberi di personale».
Insomma, ora la partita si fa davvero drammatica.
degirolamo@lactv.it