Parlare di vini è un piacere, ma è anche una responsabilità che Grand Terroir avverte con un surplus di pensiero e di scrupolo. Innanzi tutto propongo una semplificazione, plasmata su due concetti di fondo: il vino è buono se piace, e quindi entriamo nel campo della soggettività gustativa e psicologica, finanche di formazione culturale. Esistono, è ovvio, anche parametri assoluti che possono farci catalogare un’etichetta tra quelle meritevoli di attenzione o da scartare. Come dire: un bolide della Ferrari o della Porsche potrà anche non affascinarti, ma sempre un bolide della Ferrari e della Porsche è! Secondo pilastro: non esiste miglior conoscitore di vini del produttore coscienzioso e professionale che dà loro vita, con sacrifici autentici. Ecco perché con Grand Terroir dedico giornate e giornate di lavoro nelle aziende vitivinicole, per capire, per continuare a imparare, per chiarire aspetti o dettagli che non avevo ancora avuto modo di assimilare. Lo faccio per riuscire a raccontare ciò che vedo e sento, per avvicinarmi il più possibile a una verità oggettiva, per non essere superficiale, per non farmi condizionare da mode, pettegolezzi, iniziative di marketing.

Oggi vi presenterò tre bianchi che meritano a mio avviso enorme attenzione, per diverse ragioni. Il Donna Giovanna e il Madre Goccia di Tenuta Iuzzolini sono etichette di successo, riconosciute, apprezzate, richieste ovunque. Mi sono infilato nelle vigne di Greco Bianco, assieme a Pasquale ed Antonio Iuzzolini, per comprendere e valutare. Il Greco Bianco è un vitigno autoctono a bacca bianca che rappresenta, assieme al Gaglioppo (bacca nera), il cuore della Doc Cirò. Il gruppo Iuzzolini può vantare molti ettari di Greco Bianco proprio nell’area centrale della Doc Cirò che da millenni si è caratterizzata per la produzione di vini d’eccellenza. Già gli Enotri e i loro “cugini” Choni, e poi i colonizzatori Greci, scelsero quelle colline o quei tratti di pianura che guardano il mare per produrre vino. Un motivo serio ci sarà se questa tradizione, fatta di saperi trasmessi per secoli e secoli, è ancora salda.

Non amo il roteare stereotipato dei bicchieri, perché preferisco assaggiare il vino come un comune consumatore, forte però di tante esperienze maturate sul campo. Abolirei i premi inutili e di massa, i riconoscimenti elargiti quasi a tutti, o gli elenchi eccessivi ed esasperati di etichette quasi che si potessero degustare 40-50 vini in un solo giorno. Per carità! Dopo la terza-quarta degustazione scatta un limite oggettivo delle capacità sensoriali umane e inizi a confonderti. Meglio visitare una vigna e una cantina per volta ed assaggiare 2 o 3 vini al massimo, con il tempo giusto, parlando con il produttore, guardando in faccia i grappoli che maturano al sole, acquisendo il maggior numero di informazioni sulle tecniche di vinificazione. Ecco perché apprezzo molto le case vinicole che aprono le proprie porte agli amanti del vino, alla gente comune, con trasparenza, voglia di dialogare, pazienza. Il vino è qualcosa di vivo, nasce e si evolve, non è un prodotto industriale standardizzato, e quindi merita rispetto, pretende un approccio rilassato e sincero.

Il Donna Giovanna, dicevamo, è un prodotto straordinario, che consiglio di degustare in questa calda estate mediterranea. Con il Donna Giovanna apprezzerete le qualità del Greco Bianco, in questo caso da vendemmia tardiva. Cosa vuol dire? I grappoli non vengono raccolti appena maturi e quindi già pronti per essere pigiati, ma li si lascia ancora qualche settimana attaccati alla pianta perché inizino il loro cammino verso l’appassimento. Vendemmia tardiva significa, pertanto, grappoli più maturi, non proprio appassiti, ma con varie sostanze e zuccheri più concentrati che assicureranno sapori e profumi molto intensi, oltre che un più elevato grado alcolico. I Iuzzolini spiegano che la resa in mosto fiore del Greco Bianco dedicato al Donna Giovanna, dopo diraspopigiatura e pressatura soffice, è pari al 60% sull’uva. Una concentrazione sublime delle caratteristiche più intime del Greco Bianco lavorato in purezza, cioè senza l’aggiunta di altri vitigni. Ma non è tutto: il Donna Giovanna matura in barriques di rovere francese, quasi fosse un rosso importante, e poi viene affinato in bottiglia a temperatura controllata. Bevendolo divertitevi da soli, e senza condizionamenti esterni, nella ricerca dei proverbiali “sentori”: di albicocca secca, di agrumi, di frutto della passione, di fichi secchi, di miele… Non vado oltre, ribadendo che diffido di ogni approccio stereotipato. Affidatevi alle vostre capacità sensoriali, che sono uniche, degustando il Donna Giovanna a una temperatura di 8-10 gradi centigradi. Il vino è così di qualità e strutturato da meritare non solo accostamenti con il pesce crudo, i crostacei (gamberi, aragoste, astici, granchi, canocchie…), o i molluschi (cozze, vongole, cannolicchi, capesante, fasolari…). Personalmente lo ritengo speciale per gli aperitivi di ogni tipo, al posto ad esempio delle bollicine, o anche per accompagnare degustazioni di formaggi stagionati, e finanche di salumi delicati. Sublime con i dolci, soprattutto di ricotta e di mandorla.

Veniamo al Madre Goccia, un blend ben proporzionato di Greco Bianco e di Chardonnay, vitigno internazionale, quest’ultimo, che nel Cirotano riesce a dare risultati convincenti. Contribuiamo, quindi, a sfatare un altro luogo comune: i vitigni internazionali non sono degli “stranieri”, ma dei nuovi “migranti” che trovano il loro equilibrio ottimale nei territori che li accolgono. Tra le colline del Cirò Doc lo Chardonnay, vitigno a bacca bianca che parla di Borgogna e che viene coltivato ormai in tutto il pianeta (è usato anche per spumanti e champagne, oltre per vini fermi bianchi), con grappolo di dimensione piccola-media, ha saputo dare il meglio di sé. Il blend di Greco Bianco e di Chardonnay è un successo riconosciuto e diffuso: si sommano aromi intensi fruttati, acidità e freschezza, gradazione alcolica adeguata, sapori eleganti. Un vino piacevole e che si fa bere, un bicchiere dietro l’altro. Suggerisco un paio di gradi in meno rispetto ai canonici 8-10 indicati come temperatura ideale di servizio. Se amate i piatti di pesce, tra primi, secondi, fritti … il Madre Goccia sarà un compagno gradevolissimo, profumato e fedele.

Chiudiamo questo breve viaggio tra i bianchi calabresi che meritano senz’altro attenzione, con l’Aramoni di Cantine Artese, vitigno Zibibbo in purezza. Nel Vibonese (nella fattispecie stiamo parlato di vigneti coltivati a Zambrone, in un’area paesaggistica di emozionante suggestività, affacciata sulle Eolie) si sta vivendo una positiva riscoperta di questo vitigno autoctono molto aromatico e dalla inconfondibile personalità. Cantine Artese è un’azienda vitivinicola guidata da due giovani sposi, Giovanna e Leo, seri, intraprendenti, appassionati, competenti. Lo Zibibbo per millenni si è prestato all’appassimento con il fine di creare uva sultanina, un concentrato di zuccheri ed energia, oppure, nel tempo, per dar vita a vini passiti molto profumati e deliziosi al palato. Lavorato per ottenere vini bianchi fermi regala belle sorprese, come nel caso dell’Aramoni. Vendemmia rigorosamente manuale, scegliendo i grappoli uno ad uno, breve criomacerazione delle bucce per estrarre gli aromi che contraddistinguono lo Zibibbo, illimpidimento statico del mosto, affinamento sulle fecce. Giovanna e Leo riconoscono nel loro “gioiello”, al naso e al palato, sentori di ginestra, zagara, pesca matura. Il profumo che emana dal calice appena riempito di Aramoni è intenso, coinvolgente, distintivo. Il retrogusto leggermente amaro è un’altra firma dello Zibibbo. Provatelo, ad una temperatura di circa 10 gradi centigradi, soprattutto con formaggi freschi o stagionati, dal pecorino al caciocavallo, ma anche per accompagnare degustazioni di frutta locale o dolci tipici calabresi. Ve ne innamorerete! Un’estate calabrese alla scoperta del Greco Bianco e dello Zibibbo, by Grand Terroir.