Allevatori, produttori e agricoltori della Piana di Sibari sul piede di guerra: una cinquantina questa mattina, con trattori e mezzi agricoli, si sono radunati in presidio nel piazzale antistante il centro commerciale “I Portali” nella zona industriale di Corigliano. Ed è solo l’inizio di una lunga serie di battaglie. È prossima l’organizzazione del blocco della statale 106 jonica. Il nodo della vertenza è il vertiginoso aumento dei prezzi delle materie prime: aziende agricole al collasso, difficoltà nelle assunzioni, costi esorbitanti di legno, ferro, cereali, mangimi, gasolio. La soglia dei rincari oscilla tra il 200 e il 300%. Produttori, dunque, con l’acqua alla gola.

«Siamo esasperati - denuncia chi protesta -, non riusciamo a reggere il mercato, acquistiamo a 100 e rivendiamo a 20. Spesso il prodotto rimane sull’albero e dobbiamo affrontare persino i costi per lo smaltimento del frutto. Subiamo la concorrenza sleale dell’Europa nel settore dell’allevamento, in particolare per l’utilizzo di mangimi vietati in Italia e impiegati all’estero. Il riferimento è al trattamento dei bovini da macello e al prezzo inferiore della carne in paesi come Spagna e Francia. La comunità europea ci ha distrutti e il Covid ha ulteriormente aggravato la situazione».

Sibaritide, aziende a rischio fallimento 

Il futuro si chiama “fallimento”. «Se non ci sarà un intervento del Governo nazionale a calmierare i prezzi saremo costretti a chiudere». Il grido d’allarme è rivolto ai parlamentari, ai presidenti di Regione e provincia, ai sindaci del territorio, alle associazioni di categorie e alle organizzazioni sindacali, nessuno è escluso da eventuali responsabilità. Qualcuno lamenta anche le difficoltà nel reperimento delle maestranze nel settore degli agrumi a causa del reddito di cittadinanza. L’elevato costo dei metalli ha determinato una significativa e preoccupante contrazione del mercato: «Molte aziende locali stanno facendo strozzinaggio legalizzato, denuncia un imprenditore presente in piazza, nessuno alza un dito. Una barra di ferro che costava 4 euro oggi invece ha un prezzo di 12 euro». La tensione si tocca con mano. A rischio il futuro delle produzioni. Troppo alti i costi di lavorazione e i produttori non ce la fanno. Nel frattempo aumenta il costo della vita per i consumatori, raddoppiati anche i prezzi nel settore ortofrutticolo.