Tim taglia le commesse al call center Abramo, oltre 3mila dipendenti a rischio

Lo comunicano le sigle sindacali Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil.  I tagli riguarderanno le chiamate sul servizio 187 tecnico e sul 119

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di T. B.
29 gennaio 2020
20:40

Sono 3500 i lavoratori che rischiano il posto di lavoro al call center catanzarese Abramo Customer Care dopo il taglio di volumi di traffico messo in atto dalla Tim. Lo rendono noto le organizzazioni sindacali Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil con le rispettive Rsu. I tagli riguarderanno le chiamate sul servizio 187 tecnico (- 65% ) e sul servizio 119 che, spiegano i sindacati, «oltre a generare almeno 150 esuberi, mette a grave rischio la già compromessa tenuta economico/finanziaria dell’intera azienda».

 


«La società ha evidenziato come questo ennesimo taglio del fatturato operato da Tim  sia giunto alquanto inaspettato, viste le tante rassicurazioni avute anche di recente dallo stesso committente. Già nell’anno appena trascorso i pesanti tagli operati sempre da Tim, hanno provocato la perdita di oltre mille posti di lavoro precari e lo squilibrio del conto economico generale» aggiungono ancora le sigle.

 

«Questa ennesima circostanza, come riferito dalla stessa azienda, mette a rischio la tenuta di tutta la Abramo Customer Care e vanifica gli sforzi messi in atto per riassorbire gli effetti dei tagli di fatturato già operati in precedenza da Tim che in meno di un anno si è ridotto del 70%. Il comportamento di Tim - affermano le segreterie regionali di Slc, Fistel e Uilcom - è da irresponsabili in quanto a questo punto appare chiaro che esiste una volontà ben precisa di infliggere un colpo mortale alla azienda».

 

«Diversamente non è spiegabile come dopo 25 anni di partnership, durante i quali la Abramo è stato il primo fornitore in Italia di Tim, si attui senza alcuna cautela e la dovuta gradualità, il taglio del 70% delle attività lavorative, in un breve lasso di tempo di soli 12 mesi. Tutto questo – incalzano ancora i sindacati - senza alcuna gara d’appalto, in completa elusione delle clausole sociali e facendo dumping garantendosi ampi margini di guadagno speculando sul costo minimo orario delle chiamate. Una situazione paradossale se si pensa che lo scorso 26 novembre l’amministratore delegato di Tim aveva emanato un comunicato dove annunciava che a partire dal 9 dicembre scorso le attività di risposta sarebbero state svolte solo dall’Italia e quindi nulla lasciava presupporre un calo dell’attività lavorativa, anzi ci si aspettava un incremento delle stesse».

 

«Come sindacato – si chiude la nota - non resteremo inermi davanti a questo ennesimo scempio perpetrato ai danni di 3500 lavoratori calabresi che rischiano il posto di lavoro e chiederemo l’immediata apertura di un tavolo di crisi presso il Mise che abbia come primo obiettivo quello di richiamare Tim alla responsabilità sociale. Pensiamo che a tal fine debba anche attivarsi la Regione Calabria alla quale chiederemo un incontro per sollecitare tutte le azioni possibili e necessarie per evitare questa grave crisi occupazionale».

 

Giornalista
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