«Mettere un computer in un pezzettino di silicio ha accelerato il processo di digitalizzazione del mondo». Federico Faggin, ospite dell’Olivetti’s Day all’Unical, ha l’umiltà dei grandi uomini, una voce morbida, e una visione della spiritualità quantisticamente rivoluzionaria. È un illuminato, uno scienziato che non teme di confrontarsi con una parte di mistero e staccarsi dalla dottrina imperante. Nella sua Synaptics, sono stati sviluppati i primi touchpad e touchscreen, altri tasselli di un futuro che stiamo vivendo. La sua vita è stata una catena di successi basati su intuizioni straordinarie. Il pezzetto di silicio di cui parla è la sua invenzione del microchip. È così che ha messo il mondo in un tassello, un’Era in un piccolo rettangolo. E tutto è cominciato molti anni fa, proprio all’Olivetti. «Avevo 18 anni, e lavoravo in quell'azienda. È stato lì che ho creato un piccolo calcolatore elettronico sperimentale e ho imparato come si fanno i computer. Non sarei mai riuscito a fare quello che ho fatto negli Stati Uniti senza quell’esperienza».

Professore, l’argomento trend topic di questo periodo riguarda l’intelligenza artificiale, le chiedo: in futuro le macchine avranno una coscienza, dei sentimenti o è solo fantascienza?
«È fantascienza. Le macchine si avvicineranno ad avere una capacità senziente, senza mai raggiungerla. Questa è la differenza tra noi e loro, noi umani abbiamo un’anima e l’anima è una realtà della fisica quantistica. I computer, che sono parte di una realtà che rientra nella fisica classica, quindi degli oggetti macroscopici immersi nello spazio-tempo, non la possiedono e non l’avranno mai».

È questo il confine che ci separa, il velo dell'anima?
«Noi pensiamo erroneamente che la ragione, e solo quella, sia l’aspetto che ci distingue dalle macchine. Invece è l’opposto».

Mi spieghi.
«Sono i sentimenti che ci contraddistinguono, le intuizioni, la creatività, l’immaginazione. Capacità che le macchine non avranno mai. Forse potranno imitarle, ma non saranno mai frutto di un moto che arriva dal di dentro. La nostra interiorità promana da una parte di noi che esiste come campo quantistico e dunque va al di là del corpo».

Mi sta parlando della prova quantistica dell’esistenza dell’anima.
«Sono molto soddisfatto di alcuni studi che sto conducendo sulla coscienza e su un principio che ho sviluppato insieme al professor D’Ariano, che è un docente di Fisica Quantistica avanzata. In base a questo possiamo dire che l’uomo non sarà mai raggiunto dalla macchina a meno che non si assoggetti alla macchina stessa».

Una possibilità che mette un'ipoteca su un futuro distopico. Un’ultima domanda: lei è tra i padri della Quarta Rivoluzione Industriale, quella dell’Era digitale, e forse è tra i pochi che può rispondere: quale sarà la prossima?
«Quella della coscienza, quando prenderemo atto che la nostra capacità di sentire e amare supera tutto il resto».