Prima premessa: che Tropea nasconda, sotto l'aspetto da cartolina turistica, una storia stratificata e straordinaria, è certezza condivisa. Ma tornare ad evidenziare come la bellezza istagrammata ed istagrammabile onnipresente sui social nazionali sia in realtà una splendida signora di duemila anni, che nei secoli ha assistito imperturbabile al passaggio di greci, romani, bizantini, arabi (fu una delle tre città sede di emirato, oltre ad Amantea e Santa Severina), normanni, spagnoli e francesi, e che ha praticato a lungo il rito ortodosso prima di divenire saldamente latina, è bene ripeterlo.

 

La cappella dei Nobili

Seconda premessa: venendo dal mare, gettando uno sguardo in direzione di palazzo Giffone, alle spalle dello scoglio di San Leonardo, si noteranno due finestre affiancate che dominano la marina: sono le aperture poste ai lati dell'altare della Chiesa dei Nobili. Luogo impenetrabile ed esclusivo, la Cappella si apre da secoli solo in occasioni eccezionali. Un tempo erano funerali, nascite e matrimoni delle famiglie dell'antico Sedile di Tropea, le sole ammesse a far parte della Congregazione de Bianchi di San Nicola, che qui trova la sua sede dal Cinquecento.

 

Da Tropea a Bisanzio

Ma il 20 agosto, eccezionalmente, un incontro volto a far luce sull'eredità bizantina ed ortodossa della città, promosso dal secolare organismo religioso, è tornato ad animare gli scranni della gemma barocca. «Tropea, Bisanzio, Russia. Le radici bizantine». A relazionare, il professore Daniele Macris, presidente della Comunità ellenica dello stretto di Messina. Grecista e linguista, docente liceale e lettore universitario, Macris ha riassunto dieci secoli di storia cittadina in una sola lectio magistralis. Partito dalla frequenza dei toponimi greci nel territorio, e dalle tracce dell'eredità lasciata da Belisario durante il conflitto greco gotico, ha toccato la struttura amministrativa ed ecclesiastica del ducato di Calabria, le dominazioni arabe e normanne, la forza delle radici ortodosse di Tropea, ed ha chiuso - al momento – con lo sposalizio di Zoe, nipote di Costantino XI il Paleologo, ultimo imperatore d'Oriente, con Ivan III di Russia.

 

Le Paleologhe

E mentre da più parti si richiedeva un secondo e novo incontro onde colmare la parte rimanente d'una storia intensa quanto un romanzo, ovvero dal XV seolo ad oggi, il vero colpo di teatro della serata, del tutto casuale ed inaspettato, era in agguato: tra le presenti in sala, difatti, si palesavano Maria Antonietta e Antonella Di Tocco, nobilissime discendenti dirette di Zoe la Paleologa, figura quasi sacrale che costituisce il trait d'union tra l'eredità imperiale romana e il sogno della Grande Madre Russia cara agli Zar. Una conferma di come la città di Tropea fosse teatro (o per meglio dire “Sedile”, dal nome dell'organo di governo cittadino), di intrecci genealogici centrali nella storia antica e moderna.

 

I promotori

L'intervento storico, è stato introdotto dai saluti del facente funzione priorale della Congregazione, Giuseppe Maria Romano, intervenuto anche a nome del Club per l'Unesco di Tropea - che ha promosso l'incontro quale secondo ente patrocinatore -: terzo soggetto, l'associazione Ortodossi in Calabria, rappresentato dal presidente Ercole Massara. Centrali, in apertura e chiusura, gli interventi di Don Ignazio Toraldo di Francia, assistente spirituale dei Bianchi e parroco della Cattedrale, e di Padre Nilo Vatopedino, al secolo Giorgio Barone Adesi, ortodosso di Stilo. Entrambi hanno sottolineato l'importanza del dialogo tra fedi, e ribadito come solo nella conoscenza delle proprie radici e nella valorizzazione dell'identità e della cultura una comunità possa crescere armonicamente.