«Poeta, scrittore, pittore, editore, viaggiatore, attivista per i diritti civili, ma anche la contaminazione tra queste cose. Sebbene Lawrence Ferlinghetti fosse conosciuto di più come poeta, si considerava prima di tutto un pittore. Diceva sempre di sperare che prima o poi quelle dannate poesie lo lasciassero in pace in modo che lui potesse semplicemente tornare a dipingere. Ma questo non è mai accaduto perché la scrittura lo ha accompagnato fino alla fine, come anche la pittura e gli altri mezzi espressivi», racconta Giada Diano, traduttrice e scrittrice di Reggio Calabria, biografa del poliedrico artista delle parole e dei colori, scomparso recentemente a San Francisco all'età di quasi 102 anni

«Il nostro è stato subito un incontro di anime. Dopo un attimo non ho visto più il poeta o il pittore ma la persona». Un rapporto intenso, dunque, che ha travalicato i ruoli e le collaborazioni professionali per sconfinare subito in una forte affinità elettiva, quello tra Giada Diano e Lawrence Ferlinghetti che hanno condiviso venti anni di amicizia e complicità.

«Proprio scrivendo la biografia, è stato particolarmente emozionante reperire il certificato di nascita del padre, Carlo Leopoldo Ferlinghetti di Chiari, vicino a Brescia. Il padre muore prima che Lawrence venga alla luce, e sua madre, colta da un crollo nervoso, viene subito internata. Lawrence viene, inoltre, al mondo con un cognome già anglicizzato dal padre in Ferling e così anche immediatamente estromesso dalla propria storia ancora prima di conoscerla. Ci impiega più di 90 anni a ricostruire e a rimettere al posto tutti i tasselli del suo mosaico incompleto. Definire finalmente l'albero genealogico, dando un po' di concretezza a questa figura paterna e situandone la sua provenienza, è stato tra i momenti più significativi di questa ricerca che ha restituito a Lawrence una pagina cruciale della sua storia», racconta Giada Diano che sottolinea anche come questa scoperta fatta con lei abbia chiuso un cerchio importante della vita del pittore.

Il legame con l’Italia e con la Calabria

«Lawrence aveva scoperto le sue origini italiane quando, poco più che ventenne, si era arruolato in marina nel 1941. Aveva deciso di adottare il suo cognome italiano, come atto di rinascita come pacifista, come poeta e come persona che riappropriatasi della sua storia, nel 1951 quando aveva pubblicato la prima raccolta di poesie “Pictures of the Gone World” con i caratteri della sua City Lights Books. Una raccolta che aveva inaugurato la “Pocket Poet Series”. Esperienza che non ha replicato. Essendo lui molto poco autoreferenziale, ha pubblicato le successive raccolte con altre case editrici», sottolinea ancora Giada Diano che in questo passaggio rivela anche un altro aspetto dell’importante legame di Lawrence con l’Italia e con il Sud.

«Per molti anni Lawrence ha pensato che il padre fosse del Sud Italia. Sentendosi così affine al nostro spirito, si rivedeva nel calore e nel gesticolio della gente meridionale. Sai, quando non hai una storia, te la racconti forse come ti piacerebbe che fosse.

Lawrence è stato tante volte in Calabria negli ultimi venti anni, non solo per iniziative pubbliche ma anche e soprattutto perché era innamorato del paesaggio calabrese, delle sue linee, delle sue forme, del cibo e del calore familiare che ha sempre trovato in questi luoghi e nella sua gente. Proprio, qui, in questa veranda a Lazzaro, ha creato una intera serie pittorica ribattezzata l’”Ulisse calabrese”», racconta Giada Diano che in quella stessa veranda ci ha accolto circondata da libri e quadri di Lawrence.

Intellettuale e artista del dissenso puro, è stato editore - con la sua casa editrice City Lights books di San Francisco ha pubblicato il dissenso a 360 gradi e ha dato una casa alla Beat generation -  scrittore e artista intriso di un’anarchia di fondo che ha sempre impedito che fosse inserito in una categoria definita, in uno schema. «Mai dimenticare che il nostro ruolo è di essere dissidenti fino in fondo», diceva sempre.

Le mostre e i libri insieme

Giada Diano e Lawrence Ferlinghetti hanno condiviso venti anni di vita in cui importanti sono state le collaborazioni per pubblicazioni e mostre.

La traduzione della raccolta “Poesia come arte che insorge” per Giunti e poi ancora i suoi Diari di viaggio dagli 1950 al 2010 pubblicati da W. W.Northon a New York e poi tradotti in Italia per Il Saggiatore. «Pagine in cui Lawrence, viaggiatore ossessivo, racconta dei suoi itinerari straordinari a Cuba, in Nicaragua, subito dopo la rivoluzione, nella Berlino divisa dal muro», sottolinea la scrittrice e traduttrice reggina che ha anche tradotto, per edizioni Clichy, anche l’ultima sua opera, “Little Boy”, assolutamente sfuggente ad ogni genere letterario.

Tra le pubblicazioni anche “Il Mare dentro di noi”, il cofanetto contenente le poesie ispirate al mare – tra le quali “Ulisse calabrese” scritta sempre a Lazzaro, in cui Ulisse non ritorna da Penelope perché incantato dalle lattaie calabresi - e la riproduzione delle 21 opere della serie pittorica poi divenuta anche la mostra “Sulla Rotta di Ulisse”, allestita con la storica calabrese dell'arte Elisa Polimeni al Museo Archeologico di Napoli, a Rocca Imperiale, a Reggio Calabria e a Siderno.«Visto il suo legame speciale, l’idea è sempre stata quella di creare un centro per le Arti in Italia di cui queste serie diventasse il nucleo. Spero che questa idea prima o poi si realizzi. In fondo queste opere sono un possesso curatoriale che io vorrei valorizzare, rendendolo fruibile. La serie è nata da un’ispirazione intimamente calabrese per questo Lawrence ha deciso di lasciarla, attraverso di me, al territorio», spiega Giada Diano che sempre con Elisa Polimeni, nel 2010, ha curato una imponente retrospettiva sui 60 anni della sua pittura. La mostra ha fatto tappa a Roma e a Reggio Calabria.

Viaggiatore “on the road” che ha cercato e coltivato le proprie radici anche italiane e che è rifuggito da ogni forma di omologazione e soggezione, s’è andato lo scorso 22 febbraio. Avrebbe compiuto 102 anni il prossimo 24 marzo. Per i suoi cento anni di libri e quadri, al numero 261 di Columbus Avenue a San Francisco, dove ha sede la City Lights Books, ha avuto luogo nel 2019 l’anteprima del documentario sulla sua vita, autoprodotto da Giada Diano e Elisa Polimeni, titolo “A Lifetime in Poetry”.

«Era stato il nostro regalo per il suo secolo di vita. Lui lo adorava come fosse un piccolo gioiello che raccontava delle cose di lui che nessun altro aveva raccontato», conclude Giada Diano.