VIDEO | L’artista messicana è impegnata da anni nella lotta contro le violenze di genere. L’abbiamo incontrata e ci siamo fatti raccontare il suo lavoro partendo proprio da Zapatos Rojos
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Siamo nel cuore di Roma: Rione Monti, in un caldo pomeriggio di giugno, alla galleria Incinque Open Art Monti. La mostra non è ancora aperta e durerà solo 5 giorni, eppure una fila di volti fa capolino. Sono volti di donne. Incinque non è solo uno spazio espositivo: è un luogo che sostiene e dà voce a tutte le artiste e gli artisti impegnati nelle lotte sociali.
«Noi siamo uno spazio espositivo dedicato all’arte e all’espressione artistica a 360 gradi in tutte le cifre stilistiche, in questo senso ci teniamo a sostenere anche quello che è l’impegno politico delle artiste, in questo caso contro la violenza sulle donne» racconta Monica Cecchini, una delle curatrici della mostra e continua «la violenza di genere è un argomento che deve essere sempre caro a tutti affinché questa condizione venga risolta».
La mostra - evento, si intitola “Incontro con Elina Chauvet”, un mix tra un dibattito e un’esposizione. In pieno stile Elina. Un momento di incontro per scambiare opinioni e raccontarsi, cosa che le donne sanno fare bene. C’è una brezza leggera che accarezza i capelli di Monica Pirone, curatrice e artista, attiva da molti anni sulle tematiche di genere.
Un simbolo di forza e cultura
«Un'artista così importante che arriva al pubblico e arriva con questa forza. La sua è un’installazione riprodotta ovunque, dalla prima volta che lei ha iniziato questa specie di rituale, l’opera è stata ripetuta in tutto il mondo oltre 400 volte nel corso degli anni» dice Monica. «Un simbolo fortissimo che travalica il linguaggio dell’arte per arrivare ad un linguaggio universale: vedere una sequenza di scarpe porta all’immediata associazione con qualcosa legato alle problematiche di genere».
Le scarpe rosse sono ormai il simbolo della lotta alle violenze di genere. Un simbolo fortissimo. Non sono nere: il colore della morte. Sono rosse. Rosso il colore della passione, del sangue, della violenza. Le scarpe non sono solo un simbolo, sono un oggetto che parla di un’assenza. Le scarpe che indossiamo per uscire dalle pareti domestiche, le scarpe per andare al lavoro, le scarpe che ci fanno correre, di gioia o di paura. Non sono tanto le scarpe quanto “il loro contenuto”. I corpi di donne: violentate, abusate, uccise. Corpi che non sono più dentro quelle scarpe.
È l’assenza che dà vita al progetto di Elina. Nel 2009 nasce Zapatos Rojos dopo che a Ciudad Juàrez (una delle città messicane con il più alto tasso di violenze di genere) la sorella di Elina viene uccisa dal compagno. Da lì un lungo processo di guarigione che avviene, almeno in parte, con l’arte. La prima installazione è datata 22 luglio 2009; la comunità aveva donato ad Elina 33 paia di scarpe che sono state dipinte di rosso e poggiate al centro della piazza principale di Juàrez.
«Scarpe rosse è un progetto nato per denunciare non solo il femminicidio ma tutta la violenza di genere. La mia è una denuncia ma è anche una maniera di educare e sensibilizzare» racconta Elina e continua «Ho invitato la comunità a donare delle scarpe, abbiamo aperto dei dialoghi e l’installazione è solo l’ultima parte del progetto. Un’opera collettiva di un progetto che può durare anche mesi».
In tutte le opere esposte in galleria le scarpe rosse sono sempre presenti. I collage raffigurano stampe di donne e uomini degli anni ’50. Vistosamente colorate. Colori allegri, accesi che trasmettono gioia in completo contrasto con la violenza.
«In Messico anche la tristezza è colorata»
«Mi piace il colore, nel mio paese, il Messico tutto è colorato, anche la tristezza è colorata. Il colore forte domina tutti i sentimenti del mio paese» dice Elina. «Questo lavoro è realizzato con varie tecniche. Collage con riviste degli anni '50, che credo siano state fondamentali per delimitare il ruolo della donna nelle pareti domestiche. Negli anni '40, dopo la guerra, le donne dovevano essere ricollocate in un ruolo, quello domestico, e in queste riviste tutta la pubblicità mirava a rendere più raffinato il ruolo della donna in casa. Con questi pezzi quello che faccio è ribaltare questi messaggi, con un po' di sarcasmo, invitando le donne a disobbedire ai messaggi dati da queste riviste: essere la brava casalinga, sempre curata, sempre perfetta».
E sempre un’assenza il fil rouge di questa storia: l’assenza di 125 donne uccise in Italia solo nel 2022 di cui il 74% in ambito familiare (fonte Ministero dell’interno). L’assenza delle 8 donne su 10 che non denunciano gli abusi. La violenza sulle donne in Messico è molto diversa da quella italiana ma sempre di assenza si tratta. In Messico sono frequentissimi i casi di sparizioni. Leggere i numeri dei rapporti di Amnesty International fa venire i brividi: 3.723 donne uccise, praticamente ogni giorno vengono uccise circa 10 donne. L’assenza di 2.059 donne che, solo nel 2020, sono scomparse.
La galleria è ormai piena: donne ma anche uomini disposti a cerchio in un dibattito accorato con l’artista e le curatrici. Si fanno domande, si raccontano storie d’amore e libertà, si parla delle opere di Elina e di quelle scarpe rosse che accendono il fuoco della speranza di una vita migliore.
«Per me le scarpe rosse possono essere costruite, colorate, disegnate la cosa importante è che siano un simbolo» conclude Elina «memento alla violenza di genere».