Una storia dimenticata, per molti anche sconosciuta. È quella della Dea in trono, capolavoro d’arte greca del V sec a.C. identificata dai più con la dea Persefone e, dal 1915, esposta al Altes Museum di Berlino. Un’opera che sarebbe però stata trafugata dall’Italia nei primi del ‘900 per poi essere messa all’asta e acquistata dall’Imperatore di Germania Guglielmo II per un prezzo che oggi equivarrebbe a 150 milioni di euro. 

A rivendicarne la paternità, da più di un secolo, sono in particolare Taranto e Locri. Proprio a Locri un incontro sul tema organizzato nei giorni scorsi dalla locale sezione dell’ArcheoClub e dal Lions di Gerace con archeologi, storici e avvocati, ha voluto riaccendere i riflettori su quelle che sono le ragioni calabresi. «Nel caso di Locri siamo in presenza di una testimonianza diretta di una persona che ha asserito, anche in una dichiarazione resa alla magistratura, di essere stato presente nel momento in cui la statua veniva escavata nell’agro di un proprietario locrese - afferma Pino Macrì, storico e docente di matematica - quindi, che la statua sia di Locri non lo dico io, lo dice il giudice Scuteri nella sentenza del 25 ottobre 1968».

A nulla sono però serviti i tentativi, partiti anche dalle amministrazioni locresi nel corso degli anni, per far sì che la statua tornasse in Italia. «Il dibattito è relativo al bilanciamento degli interessi giuridici e quelli economici a tutela dei beni culturali - spiega l’avvocato Carlo Tropiano -. Purtroppo ultimamente ho notato che gli interessi economici sono sicuramente superiori a quelli giuridici. Quelli giuridici rimangono solo dei sogni, perché le scelte politiche sulla tutela dei beni culturali vengono indirizzate oggi da esperti economisti che, evidentemente, devono far quadrare i conti e devono addirittura, alcuni di essi, fare cassa sui beni culturali».

Sulla statua e sul suo rapimento il professore locrese Pino Macrì ha scritto anche un libro dal titolo Sulle tracce di Persefone, due volte rapita. Macrì, inoltre, racconta di un particolare incontro fatto dall’ex deputato reggino Fortunato Aloi, il quale «quando era sottosegretario alle belle arti incontrò, quasi per caso, un console tedesco e gli chiese “ma perché non ce la volete restituire la Persefone?” E il console, candidamente, rispose “perché non ce l’avete mai chiesta”».

Presenti al dibattito svoltosi presso la Biblioteca Comunale “Gaudio Incorpora” di Palazzo Nieddu del Rio e aperto dai saluti del sindaco di Locri Giuseppe Fontana e dell’assessore alla cultura della Città di Locri Domenica Bumbaca, anche Nicola Monteleone, presidente dell’Archeoclub sede di Locri; Adele Careri, Presidente Lions Club Gerace; Anna Careri, avvocato e Margherita Corrado, archeologa.