Al Teatro Manzoni è andata in scena la rappresentazione del “Viaggio dei Bronzi di Riace”, una produzione dell'Accademia dei Caccuriani.. Promuovere arte, cultura e spettacolo è l'obiettivo dell'Accademia che mira a far conoscere e valorizzare in tutta Italia la Calabria e le sue eccellenze, proprio come i Bronzi.

“Viaggio dei Bronzi di Riace” è una narrazione inedita che racconta le vicissitudini legate alle due statue bronzee più belle al mondo. Un racconto che parte dal mare e che il mare restituisce con tutte le sue incognite e trame. Una narrazione onnicomprensiva che racchiude in sé parole chiave come archeologia, mito, scienza, arte e cronaca nera. Le due statue senza nome hanno catturato, già 52 anni fa, la curiosità di addetti ai lavori, appassionati e turisti rapiti da tanta bellezza, ma l’alone di mistero che le circonda le ha rese ancora più belle.

L’idea dello spettacolo nasce per evitare che chi vada a vedere i Bronzi di Riace, al Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria, si limiti ad apprezzarne la bellezza senza riconoscerne anima e storia. Solo 52 anni fa i Bronzi di Riace vennero scoperti nei fondali del Mar Jonio, non lontano dalla spiaggia di Riace Marina e dal quale prendono “il nome”. Era il 16 agosto del 1972 quando i “due fratelli in lotta” conquistarono l’onore delle cronache diventando due icone del V sec. a. C. per la perfezione con cui furono scolpite e per come si mantennero in tutti questi secoli.

Un viaggio quello delle due statue che narra attraverso la voce del conduttore, del cantore, degli esperti e dell’attrice le ipotesi che le hanno portate al naufragio sulle coste dell’antica “Italia”. I fratelli guerrieri venuti dall’Antica Grecia trovano, dopo mezzo secolo di studi approfonditi una collocazione temporale.

Come detto da Daniele Castrizio, ordinario di Numismatica all’Università di Messina: «Pensavamo di portare qualcosa di nuovo sulle scene, ma ci siamo accorti che i greci lo facevano con l’ecfrasis. Spiegavano le opere d’arte… Riprendiamo così l’idea di mostrare come l’antichità può essere spiegata. – continua Castrizio – I bronzi di Riace oltre che per la loro bellezza possono essere ammirati anche per il messaggio che mandano, un monito per la pace. Perché secondo le ricerche effettuate rappresentano due fratelli che stanno per uccidersi per il potere» quindi il messaggio che dall’antica Grecia ci arriva è un monito per la pace «Quando due fratelli si affrontano, nessuno vince perché tutti perdono».

Il prof Castrizio, che da 25 anni studia le due statue, definito tra i massimi conoscitori della materia, durante lo spettacolo ha raccontato ogni sfaccettatura riguardante i bronzi di Riace, il tutto con il supporto del visual designer Saverio Autellitano che collabora con il numismatico da 15 anni.

Durante l’evento, sono stati raccontati aneddoti sulle chiamate notturne effettuate da entrambi gli studiosi, legate alla scoperta sugli elmi e sulle armi indossate e mancanti. Strumenti ai quali è stato possibile risalire solo dopo attente e puntigliose analisi sulle sculture in bronzo. Grazie al minuzioso studio, alle dettagliate analisi sulle statue e grazie a riscontri con la letteratura classica si è potuto ipotizzare che gli antichi Romani dopo le vittorie ottenute avessero portato con loro le statue che in un primo momento sarebbero state esposte a Roma nel Tempio di Pompeo.

Anche se la questione è dibattuta, i due fratelli, potrebbero essere Eteocle e Polinice, legati da un filo conduttore alla tragedia di Eschilo i “sette contro Tebe”. Dallo spettacolo si evince che appartenessero ad un gruppo di 5 statue che in una piece teatrale composta da sculture avrebbero rappresentato l’epilogo drammatico della lotta dei fratelli per spartirsi il potere sulla città di Tebe.

Ma custode indiscusso di questa storia dai tratti mitici e leggendari può essere soltanto il mare, come canta Fulvio Cama il musicantore, definitosi come un menestrello d’altri tempi, che attraverso suoni magici armonizzati da accordi e musiche con chitarra, ha proiettato gli spettatori in una storia senza tempo iniziata nel V sec. a.C. e ripresa 52 anni fa.

Le musiche sono state magistralmente seguite dall’interpretazione dell’attrice Annalisa Insardà. La voce narrante, che ha presentato e accompagnato il pubblico durante lo spettacolo, è stata quella del giornalista Paolo Di Giannantonio che durante la rappresentazione ha svelato l’esistenza di un terzo bronzo che si trova negli Stati Uniti e un altro in fase di restauro in Grecia.

Ma i risvolti della narrazione hanno condotto gli spettatori anche attraverso fatti di cronaca emersi proprio durante il cinquantesimo anniversario del ritrovamento dei bronzi e che ci ha portato in dietro nel tempo, al periodo dei sequestri, quando la ‘ndrangheta era dedita a rapire chiedendo riscatti per rimpinguare le casse del loro malaffare. Si parla degli anni ’70. Una trama questa che da più colore ai fratelli venuti dal mare e senza nome certo.

Il mistero, difatti, aumenta quando viene fuori la voce sul ritrovamento di un terzo bronzo trafugato dai fondali marini in una notte successiva al ritrovamento dei primi due fratelli e portato a riva con fatica a tenebre ancora fitte. A detta del testimone chiave, pare sia stato trainato da un piccolo peschereccio che avrebbe rischiato di fondere il motore per il peso trascinato. Un terzo bronzo del quale si persero notizie, mettendo a tacere le voci che già dall’agosto del 1972 si erano fatte spazio aumentando l’alone di mistero attorno alle statue.

Fino a quando, nel luglio 1973 i rumors sulla terza statua riprendono vita, legandosi al rapimento di Paul Getty III, nipote del petroliere miliardario Jean Paul Getty. Ed è qui che si narra che la ‘ndrangheta abbia deciso di donare la terza statua allo Zio Petroliere di Paul Getty III con l’auspicio che pagasse il riscatto, ma come è noto alle cronache lo stesso era ben lontano dal voler riscattare il nipote.

Il resto è storia di cronaca, ma sulla fine del terzo bronzo aleggia ancora il mistero. Le voci di corridoio lo collocherebbero nel caveau del Getty museum di Malibù, ma ad oggi resta un’ipotesi.