Dante ha un debito culturale verso Gioacchino da Fiore? Nel cielo della Luna, rappresentato dal Sommo Poeta nella cantica del Paradiso, si mostrano a Dante e a Beatrice gli spiriti mancanti ai voti, nel cielo di Mercurio gli spiriti attivi e nel cielo di Venere gli spiriti amanti; nel cielo del Sole appare ai pellegrini "la quarta famiglia" dei beati appagata perennemente dalla visione della Trinità: è la schiera degli spiriti sapienti, celebri per le loro speculazioni filosofiche o teologiche. Le luci degli spiriti sapienti, disponendosi in modo da formare due corone concentriche di dodici anime ciascuna, rievocano l'immagine di un doppio arcobaleno: "due archi paralleli e concordi".

Da una corona si leva la voce del domenicano San Tommaso d'Aquino che loda San Francesco d'Assisi lamentando poi la decadenza dell'ordine domenicano; dall'altra corona si stacca il francescano San Bonaventura da Bagnoregio che tesse l'elogio della vita di San Domenico di Guzman rammaricandosi poi per la decadenza dell'ordine francescano.

San Bonaventura presenta a Dante i sapienti della seconda corona: Illuminato di Rieti e Agostino d'Assisi, santi della prima generazione francescana; il grande mistico Ugo da San Vittore; Pietro Mangiadore, autore della Storia Scolastica; Pietro Ispano, famoso per i dodici libri delle "Summulae logicales"; il profeta Natan, che rimproverò a David i suoi amori adulteri; Giovanni Crisostomo, padre della Chiesa greca; Sant'Anselmo d'Aosta, la personalità più eminente della teologia medievale anteriore all'avvento dell'aristotelismo; Elio Donato, autore di un trattato di grammatica, prima arte del trivio e del quadrivio; il dotto Mauro Rabano; ed infine Gioacchino da Fiore, l'abate calabrese predicatore di una profonda riforma religiosa e spirituale.

Gli studi della seconda metà del Novecento hanno messo in rilievo l'influsso del pensiero di Gioacchino su San Bonaventura e su Dante Alighieri. Nella sua tesi per l'abilitazione alla libera docenza nella Facoltà di teologia di Monaco di Baviera nel 1957, Joseph Ratzinger ha dedicato un'indagine approfondita al confronto tra la concezione della teologia della storia di Bonaventura e quella di Gioacchino da Fiore.

La teologia della storia di Gioacchino da Fiore è stata recepita, con modifiche, da San Bonaventura, che ha accolto il centrale passaggio a Cristo "centro dei tempi" e non solo "fine dei tempi", come era stato presentato durante tutto il primo millennio cristiano. Bonaventura è sintonizzato con Gioacchino nell'intendere la rivelazione "non più semplicemente come la comunicazione di alcune verità alla ragione, ma come l'agire storico di Dio, in cui la verità si svela gradatamente". Leone Tondelli, Herbert Grundmann e Marjorie Reeves sono gli autori che maggiormente hanno messo in risalto l'influenza di Gioacchino su Dante Alighieri.

La Divina Commedia è segnata ed animata dalla simbologia e dalla tensione profetica di Gioacchino da Fiore, derivate a Dante attraverso il particolare Gioachimismo diffuso negli ambienti e nelle opere dei Francescani spirituali. Gli apporti gioachimiti sono facilmente rintracciabili nella Commedia.

La vivida bellezza coloristica dello splendido albo del Liber Figurarum ed il simbolismo dello Psalterium decem cordarum di Gioacchino da Fiore hanno ispirato Dante. Tante affascinanti immagini ideate dalla fantasia mistica di Gioacchino sono trasfigurate dalla fantasia lirica di Dante: il mistero della Trinità contemplato da Dante nel XXXIII Canto del Paradiso è ispirato dall'immagine dei tre cerchi trinitari, disegnata da Gioacchino nell'undicesima tavola del Liber Figurarum; la figura della candida rosa dell’Empireo nel XXXI Canto del Paradiso è ispirata dalla tavola tredicesima del Libro delle Figure, il Salterio dalle dieci corde; la suggestiva visione dantesca dell’aquila ingigliata del cielo di Giove nei canti XVIII-XX del Paradiso è ideata dalle splendide miniature delle tavole quinta e sesta del Liber Figurarum.

Il verso “Beatus Joachim, spiritu dotatus prophetico”, cantato dai monaci nell'Antifona ai Vespri e conosciuto da Dante, riecheggia nel XII canto del Paradiso, nell’immortale terzina di presentazione dell’Abate di Fiore. Gioacchino e Dante sono accomunati dalla visione critica della Chiesa del loro tempo, che si era lasciata invischiare da interessi economici e politici furvianti. Per Gioacchino e Dante la Chiesa deve fondare la Pace sulla Giustizia e la Giustizia sulla Carità.

I messaggi di Gioacchino da Fiore e di Dante Alighieri, nelle fasi storiche di sonno della ragione, risuonano di monito e di attualità, ridisegnano la speranza nel risveglio delle coscienze e nel rinnovamento civile e religioso dell’umanità. San Bonaventura e Dante debbono quindi riconoscere, nel XII Canto del Paradiso, il loro debito nei confronti di Gioacchino: "e lucemi da lato / il calavrese abate Giovacchino,/ di spirito profetico dotato".

La parafrasi tradizionalmente accreditata di questa terzina ("risplende al mio lato...") è, a nostro avviso, riduttiva dal punto di vista concettuale. La parafrasi che proponiamo di "lucemi", "la sapienza di Gioacchino mi illumina", rende giustizia alla eccellenza dell'abate calabrese ed alla vitalità di un pensiero che ha profondamente influenzato Bonaventura da Bagnoregio e Dante Alighieri.

*Presidente Centro internazionale di Studi Gioachimiti

(nella foto il Murale di Agostino Cirimele)