Dalla casa intelligente alla prevenzione dei tumori. Uno studio costante e in crescita, sempre rivolto a nuovi obiettivi e con tante ricadute sulla nostra quotidianità. Bisogna spiegarla così l’attività del professor Giancarlo Fortinol’unico italiano nell’area della computer science presente nella classifica dei ricercatori più citati a livello internazionale, la Highly Cited Researchers di Clarivate. Un primato che il docente dell’Unical difende per il terzo anno di fila.

A pesare ai fini dell’inserimento in classifica è il numero di articoli altamente citati negli ultimi 10 anni. Un risultato non scontato che diventa una medaglia per tutta l’Università della Calabria. E che a prima vista sembrerebbe non riguardarci, per quell’attitudine di alcune espressioni a farci sembrare le cose molto più distanti da noi di quanto non siano in realtà.

Professore, cominciamo dalle sue ricerche: a cosa sta lavorando attualmente?
«L’etichetta che mi danno è riferibile all’internet delle cose. Una serie di ricerche su nuove metodologie e tecnologie. Sviluppiamo anche dei prototipi di oggetti smart: si pensi ad esempio a un frigorifero che riesce a capire i nostri bisogni e contatta i fornitori o alle città intelligenti. Ultimamente abbiamo aperto altre ricerche, una a cui tengo molto è quella legata alla radiomica, che consente di poter fare delle diagnosi molto precoci di tumori di varia natura: abbiamo in corso un progetto in collaborazione con altri enti finanziato dal Ministero della Salute con 4 milioni di euro».

Andiamo al riconoscimento ottenuto in questi giorni: questo è il terzo anno di seguito che entra nella classifica Highly Cited Researchers come unico italiano nell’area computer science, è sorpreso o per lei ormai è scontato?
«In realtà non sono sorpreso. Sicuramente però non è semplice entrare in questa classifica e rimanerci. Tutto è molto dinamico perché la competizione è altissima, soprattutto nella computer science. Devo dire la verità, essere l’unico italiano in quest’area mi riempie di orgoglio, anche perché sono un professore dell’Unical e questo risultato dà prestigio a tutto l’ateneo».

A chi dedica questa ennesimo successo professionale?
«Devo ringraziare tutti i miei collaboratori, quelli del gruppo locale che fa capo al laboratorio “Speme” dell’Unical e quelli del gruppo internazionale. Questa rete ha permesso di pubblicare lavori di altissima qualità e pubblicizzarli in giro per il mondo».

Quest’anno sono stati celebrati i 50 anni dal primo anno accademico dell’Unical, è un anniversario importante…
«In questi 50 anni, come ha ricordato il rettore durante la cerimonia che si è tenuta un po’ di tempo fa, abbiamo laureato più di 100mila studenti: questo dà la misura dell’impatto che l’Unical ha avuto sul territorio. Molti di questi ex studenti hanno dato il loro contributo alla regione, altri alla nazione e molti sono andati anche all’estero. Alcuni sono rimasti a sostenere l’Università della Calabria. Ma i 50 anni non devono solo essere celebrati: bisogna rilanciare, e stiamo lavorando in tal senso».

Le rifaccio una domanda che le avevo fatto qualche tempo fa: ha una visibilità internazionale e riceve offerte da università molto prestigiose, perché rimane qui?
«C’è un’affezione forte per la mia università e la mia terra. Ho fatto questa scelta 25 anni fa, quando ricevetti un’offerta da Berkeley. È stata ed è una scelta dettata non solo dagli affetti: la mia è una scommessa. Volevo creare qualcosa nella mia terra e forse in 25 anni qualcosa ho realizzato. Ultimamente ho ricevuto un’altra proposta da un’università del Medio Oriente ma ho rifiutato: sono un figlio dell’Unical, un figlio della Calabria, mi diverto a fare ricerca restando nella mia terra».

Progetti futuri?
«Sto lavorando a far crescere il mio gruppo locale, farlo diventare più numeroso, soprattutto con una maggiore presenza di giovani. Saremo tre professori associati, un paio di ricercatori, ma la cosa più importante è che ci saranno dieci dottorandi, non solo italiani ma anche stranieri. Questi ultimi sono in attesa di ricevere il visto dai loro Paesi e a breve si uniranno al nostro gruppo. È un progetto già in itinere, che durerà quattro anni: l’obiettivo è raggiungere dei risultati che possano impattare positivamente sulla vita delle persone».