Tra i beni di pregio della biblioteca De Nava, anche una delle copie numerate della Divina Commedia illustrata da uno dei più autorevoli illustratori danteschi del Novecento
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Universalmente riconosciuto come padre della Lingua Italiana, in quella “repubblica delle lettere” che fu la Firenze nel 1300, che precedette di oltre cinque secoli la nascita dello Stato italiano, Dante Alighieri, di cui nel 2021 si celebrano i settecento anni dalla morte, narrò in terzine il Viaggio per antonomasia. Secondo i dantisti il Sommo Poeta, penna e anima pellegrina che lasciò di sé tracce ancora vivide, iniziò il suo cammino ultraterreno proprio il 25 marzo.
Oltre quattordicimila versi in quel volgare fiorentino, il più illustre tra i volgari, scritti nel Trecento e ancora oggi espressioni di un capolavoro della letteratura universale che culmina in ogni cantica nella parola «stelle» e nella speranza che esse dispensano. Opera senza tempo - gli oltre 800 manoscritti superstiti testimoniano l'unicum che la Commedia di Dante fu nella storia del libro prima dell’invenzione della stampa - scrigno di sapienza e poesia esplorato e arricchito anche dall’arte grazie al pittore genovese Amos Nattini, accademico autorevole che realizzò maestose illustrazioni ad olio e acquerello a corredo delle tre cantiche.
«In occasione della donazione del cavaliere Gennaro Giuffrè, è stata consegnata anche la copia numero 445 di questa maestosa Divina Commedia illustrata da Nattini, artista di notevole spessore. Vi sono solo 1000 esemplari e uno di essi, dunque, è custodito presso la biblioteca Pietro De Nava di Reggio Calabria. Un bene di pregio donato unitamente ad altri preziosi libri, ai mobili dello studio con cui abbiamo arredato questa sala alla memoria del cavaliere Giuffrè intitolata. Si tratta di un unicum, che la biblioteca reggina si propone di valorizzare e far conoscere sempre di più», ha sottolineato Daniela Neri, funzionaria settore Cultura del comune di Reggio Calabria.
In ogni parola e in ogni immagine dei tre imponenti tomi vibra il pellegrinaggio di ogni anima dentro l’esistenza protesa alla scoperta della propria essenza che nel XXVI canto dell’Inferno, noto come canto di Ulisse, si svela in tutta la sua profondità: «Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza». Una narrazione che celebra anche la Calabria, terra di antica storia e suggestione, riferendo di Catona, attuale zona costiera del comune di Reggio Calabria, nell’VIII canto del Paradiso della Divina Commedia (vv.61-63): «e quel corno d’Ausonia che s’imborga/di Bari e di Gaeta e di Catona/da ove Tronto e Verde in mare sgorga».
Un viaggio ultraterreno in cui Dante, guidato dal poeta latino Virgilio (la Ragione), ritrova la diritta via prima smarrita, andando incontro a Beatrice, incarnazione dell’Amore. Un cammino al termine del quale la Salvezza è dunque Donna e che Amos Nattini ha saputo arricchire con queste illustrazioni pregiate. Un’immagine per ogni canto delle tre cantiche, Inferno, Purgatorio e Paradiso e in cui si rivela l’erranza di ogni essere umano che, attraversando la selva oscura, raggiunge infine il luogo in cui «La gloria di Colui che tutto move per l’universo penetra e rispende, in una parte più e meno altrove» (Paradiso, Canto I, 1-3).
Amos Nattini, tra i più autorevoli illustratori danteschi del Novecento
Già qualche anno prima del sesto centenario (1921) dalla morte del Sommo Poeta, morto a Ravenna nel 1321, Amos Nattini (Genova 1892 – Parma 1985), membro del collegio dell’Accademia di Belle Arti di Parma nel 1937 e Accademico di merito all’Accademia Ligustica di Belle Arti di Genova l’anno successivo, iniziava il suo racconto in arte e immagini della maestosa opera dantesca. L’opera di stampa a torchio su carta della monumentale edizione della Divina Commedia, con caratteri ideati dall’illustratore stesso e ispirati ai “tipi latini primitivi”, venne ultimata solo nel 1939 e pubblicata dalla Casa Editrice Dante in mille esemplari numerati, realizzati con carte di puro straccio provenienti da Fabriano. I tre tomi (cm 81x65), rilegati in pelle di vitello, contengono le tre cantiche con illustrazioni - richiamate nell’opera come imagini fedeli all’etimologia latina imago - realizzate con la tecnica dell’acquerello. Solamente il canto I del Purgatorio è invece ad olio.
Dante e quella lingua che ci rese Italiani prima della Storia
Esiliato dalla sua Firenze e Ghibellin fuggiasco cantato da Foscolo, ha raccontato un viaggio tormentato e affascinante in cui eterna è la ricerca dell’Amore «che a nullo amato amar perdona».
Simbolo di italianità nel mondo, Dante Alighieri consacrò nelle sue opere l'importanza di una lingua comune, che di nulla priva i variegati e straordinari dialetti, e la sua straordinaria essenza di veicolo di conoscenza, bellezza, incontro, memoria e identità, valori che permeano l'essenza/semenza dell'umanità.
Attraverso il "De vulgari eloquentia" e il "Convivio", ma soprattutto attraverso la "Divina Commedia", Dante fu padre della nostra lingua accanto alla lingua madre Latina. Secondo la Treccani, è stato calcolato che "il 90% del lessico fondamentale dell’italiano in uso oggi (cioè il 90% delle 2000 parole più frequenti, che a loro volta costituiscono il 90% di tutto ciò che si dice, si legge o si scrive ogni giorno) era già nella Divina Commedia. Ma, oltre al lessico fondamentale, Dante ha ‘conquistato’ alla lingua italiana moltissime parole specialistiche, dalla filosofia all’astronomia alla morale, costituendo la base del lessico intellettuale. E ha talmente strutturato e irrobustito la sintassi, rendendola capace di argomentazioni complesse, da gettare le fondamenta perché un giorno l’italiano potesse sostituire il latino come lingua di cultura".
Così l'Italiano, lingua neolatina (come le altre lingue romanze), riconosce nella Divina Commedia l'opera che l'ha consacrato come lingua letteraria del nostro Paese.
Dante, Sommo Poeta
Con gli amici Francesco Petrarca e Giovanni Boccaccio, anche loro toscani, fu tra gli scrittori fondamentali per la Letteratura. Allievo del notaio e politico fiorentino Brunetto Latini, sulle orme del poeta bolognese Guido Guinizzelli, con Guido Cavalcanti, Dante contribuì alla maturazione a Firenze della scuola stilnovistica ispirata all’Amore quale espressione più alta di nobiltà d’animo.
Consacrato all’olimpo anche da Francesco De Sanctis nella sua “Storia della Letteratura Italiana” nel 1870, Dante fu fonte di studio e di ispirazione per scrittori e poeti di tutto il mondo: John Milton (che a lui si ispirò per Paradise Lost), William Blake ed ancora Wordsworth, Coleridge, Byron, Tennyson e Thomas Stearn Eliot in Inghilterra, Schelling e Hegel in Germania, Louis Borges in Argentina e Ralph Waldo Emerson, Ezra Pound e Henry Miller negli Stati Uniti.
Quello di Dante è in realtà il viaggio dentro il cuore tormentato e beato dell’Umanità che, anche e soprattutto nella scrittura e nell’arte, si eleva ad esperienza universale, conducendo lì dove decanta l’«Amor che move il sole e l’altre stelle».