Due autori calabresi nel loro lungometraggio internazionale raccontano le zone abbandonate del capoluogo di provincia attraverso la tradizione millenaria che potrebbe trovare origini nel culto di Hera Lacinia
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Sono in corso in questi giorni, a Crotone, le riprese di “Santa Lucia” – “Lux Santa”, film documentario diretto da Matteo Russo (che lo ha anche scritto a 4 mani con Carlo Gallo) e prodotto dalla società cinematografica “Naffin Tu Si srl” di Orazio Guarino e Marco Santoro. Appena entri nello “scenario” del set, cogli quanto possa essere importante, ed anche confortante, che su questo progetto, nato a cavallo della pandemia, ci sia anche il sostegno della Fondazione Calabria Film Commission e la collaborazione con Rai Cinema.
Al centro del film (sotto alcuni scatti del fotografo crotonese Francesco Gentile, componente della troupe), una tradizione millenaria che addirittura potrebbe trovare origini nel culto di Hera Lacinia, ma che certamente si rinnova ancora oggi, ogni 13 dicembre, per celebrare la luce nel giorno dedicato a Santa Lucia, santa protettrice della vista. E l’idea degli autori è quella di dare luce e protagonismo a “Fondo Gesù”, un quartiere animato da una profonda voglia di riscatto, e dove, parallelamente a quanto accade in altri rioni della città, viene eretta una struttura totemico-piramidale, con legni di fortuna, che viene arsa proprio nel giorno dedicato alla martire siciliana del IV secolo, orfana di padre dall'età di cinque anni e promessa in sposa a un pagano.
Ma poi ascoltiamo gli autori sempre seguiti, controllati (e pure guidati) dal gruppo dei ragazzi (ed anche meno giovani) del quartiere, e ti viene quasi il dubbio che il tutto sia stato un espediente: «Volevamo raccontare una tradizione ancora viva ed innalzarla all’attenzione perché i fuochi di quartiere rischiano di perdersi – ci ha subito detto il regista Matteo Russo – poi abbiamo scoperto questi ragazzi che ci hanno aperto davvero un mondo, ci hanno già dato tantissimo e speriamo di poterlo restituire. Infatti è grazie alla disponibilità di tutte le famiglie se riusciremo a far emergere il tanto che c’è qua».
E quando gli chiediamo se c’è l’immediata sensazione di avere sempre a che fare con un prodotto internazionale quando ci si avvicina alla strada, rilancia: «Inizialmente quando abbiamo portato la scrittura del film ai produttori eravamo più noi ad avere il timore di proporre qualcosa di estremamente local - aggiunge Russo che è uno dei due autori calabresi e crotonesi - ma il dubbio lo hanno fugato subito i ragazzi che sono internazionali per vocazione ed autenticità».
Poi è Carlo Gallo attore, l’altro coautore, animatore e scrittore del Teatro della Maruca oltre che attore reduce da "L’immensità" di Crialese col quale si è cimentato sia da coach che da compagno di ripresa con Penelope Cruz: «Il diaspecere più grande è non essere riuscito a recuperare una foto di quando lo facevo io da ragazzo questo fuoco - ci ha raccontato- ma non è l’unica reminiscenza che mi hanno aiutato a recuperare questi ragazzi. Sono davvero emozionato e con un carico di responsabilità enorme, tutte le grandissime aspettative che avevamo con Matteo quando in piena pandemia abbiamo scritto questa idea, oggi sono cresciute a dismisura, sono certo che ce le porteremo fino a tutta la fase di montaggio».
E se vi assicuriamo che il film documentario già vede come reali protagonisti questi ragazzi di Fondo Gesù, è anche perché, subito ci è venuto in mente la prima lettura di Ragazzi di vita di Pier Paolo Pasolini ed il sincero miscuglio di tradizione popolare, racconti, sogni, passioni, amicizie che hanno sempre a che vedere con la laicità della linea del fuoco, crudo; quasi sempre amaro.
«Sono felice di non avere vinto lo Strega o il Viareggio, perché considero quello che mi avete dato come il più adeguato riconoscimento alla mia opera. I protagonisti del mio romanzo, anche se vivono nella capitale, fanno parte del Mezzogiorno d’Italia, ed è giusto che qui a Crotone, trovassero l’esatta comprensione, in una terra giovane, perché nasce ora alla vita sociale, e in modo fresco, genuino, prende coscienza della sua forza, dei suoi bisogni» queste furono le parole che, nel 1959, Pier Paolo Pasolini pronunciò nel ricevere il “Premio Crotone”, assegnatogli da una giuria composta da Alberto Moravia, Giuseppe Ungaretti, Leonida Repaci, Carlo Emilio Gadda, Giacomo Debenedetti,e Giorgio Bassani.
E Pasolini (foto sotto) non venne a Crotone (anche a Cutro dove parlò di paese dei banditi come si vede in certi film western… …una cornice di vuoto e di silenzio che fa paura) solo per ricevere premi, la frequentò e se ne innamorò; amore che affiorò cinque anni più tardi (nel 1964) sul grande schermo. La città e alcune zone limitrofe, infatti, diventarono location scelte dal regista per le riprese di uno dei suoi più grandi successi cinematografici, “Il Vangelo secondo Matteo”.
Da Crotone e crotonesi, oggi, è tornata l’urgenza di un realismo che è forte della luce sacra della capacità professionale e della voglia di rappresentare un riscatto autentico, intriso nel sacro fuoco delle tradizioni millenarie di questa terra “scelta” da tutti i grandi della storia, maltrattata solo da una terribile contemporaneità travestita di modernismo ed allontanata da qualsiasi vangelo che non “puzzi” di strada e banditismo, con la stessa cornice di vuoto e silenzio strozzati solo dalle classifiche dei giornali economici.