VIDEO | Un’analisi scandita da seminari a cura dal critico e storico del cinema Federico Rossin. L'appuntamento si è tenuto all'Università per stranieri
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Un cinema e una televisione capaci di raccontare un’epoca e che, anche nel patrimonio di vita, storia e lingua dantesche hanno sublimato la loro grandezza, rendendo nelle tecniche e nella visione evidente e incolmabile il divario tra il presente e il passato e al contempo palesando la straordinaria attualità dell’opera letteraria e dell’impegno politico e militante del Sommo poeta.
Dalla selva oscura a riveder le stelle
Nel clima di profonda incertezza che, parafrasando i versi che aprono e chiudono l’Inferno, assomiglia ad una selva oscura che ancora ci avvolge e non concede di uscire definitivamente a riveder le stelle, il circolo del cinema Cesare Zavattini di Reggio Calabria ha dedicato l’appuntamento con la rassegna Visioni di Cinema Indipendente a Dante, nel settecentesimo anniversario della sua morte, e alla sua Divina Commedia, scegliendo come cornice proprio l'aula magna dell'università per Stranieri Dante Alighieri della città dello Stretto. Un’analisi scandita da seminari a cura dal critico e storico del cinema Federico Rossin e culminata nella visione collettiva de “La Vita di Dante”, interpretato da un eccezionale Giorgio Albertazzi. L’autentico capolavoro diretto nel 1965 da Vittorio Cottafavi.
Dante poeta politico
«Un film in tre episodi che è un saggio filmato dell'opera dantesca e il risultato di un'operazione raffinatissima nella quale Vittorio Cottafavi non usa l'aneddoto biografico dantesco ma la poesia di Dante per raccontare la sua vita. La struttura filmica non ha nulla a che vedere con lo sceneggiato televisivo mieloso di oggi ma pretende dallo spettatore un'attenzione che intellettuale e sentimentale allo stesso tempo, che costruisce un legame colto con il popolo, pensandolo in un ruolo attivo nella visione del film stesso. Un lavoro che perfettamente tratteggia la figura di Dante, poeta squisitamente politico che traspone il suo impegno nella sua Divina Commedia, inserendovi i protagonisti della sua epoca. Un uomo dunque pienamente calato nel suo tempo», ha spiegato Federico Rossin, critico e storico del cinema.
«L'attualità della dimensione poetica e politica di Dante, poeta impegnato politicamente che aspirava ad una Giustizia autenticamente giusta, pungolava la sua coscienza e quella del popolo della sua tormentata Firenze, si manifesta con efficacia e in tutta la sua grandezza nel lavoro di Cottafavi», ha sottolineato Tonino De Pace, presidente del circolo del cinema Cesare Zavattini di Reggio Calabria.
Il capolavoro di Vittorio Cottafavi
«Un piano sequenze eloquente, scenografie scarne ed essenziali, spazi vuoti sapientemente abitati da un cast attoriale di primo ordine, capace di far vivere e risuonare quegli stessi spazi. In essi attori e attrici si muovono con padronanza, segno dell'importante retroterra culturale sul quale fondano la loro interpretazione. Un bianco e nero che restituisce il senso di un'intera epoca. Silenzi in cui sentire addirittura il rumore della carta e il movimento dei tessuti, e dialoghi intensi e intrisi dello spessore letterario di cui è permeata la lingua dantesca. Quella di Cottafavi, regista coraggioso e straordinario inventore di immagini, è un'opera che testimonia una televisione, quale era quella dell'epoca, in grado di assolvere ad una funzione altamente didattica e pedagogica e di alimentare la costruzione del pensiero. Un approccio profondamente diverso da quello di oggi che invece tende a polverizzare più che a costruire. Quindi da un punto di cinematografico e televisivo, questo lavoro, costituisce una vera e propria lezione del miglior Cinema», ha evidenziato ancora Tonino De Pace, presidente del circolo del cinema Cesare Zavattini di Reggio Calabria.
La televisione di ieri e di oggi
Schermi danteschi che riflettono la modernità intramontabile del padre della lingua italiana e della sua poesia politica e militante e che fanno riflettere sul gap qualitativo tra la televisione un tempo, capace di insegnare e di rivolgersi alle coscienze, e quella di oggi.
«Il secolo di adattamenti filmici alla vita e all'opera dantesche mette a nudo la pochezza del cinema di oggi rispetto a quello di allora, ponendo in luce la sua capacità di raccontare la società del Novecento e di trasmettere al pubblico cultura ed elementi critici utili per leggere il mondo. Inoltre la bellezza della lingua dantesca ha trovato degna valorizzazione nella trasposizione nel linguaggio filmico», ha concluso lo storico e critico del cinema, Federico Rossin.