I Bronzi di Riace «vogliono tornare a casa», in riva alle acque del mare Ionio dalle quali, il 16 agosto del 1972, furono recuperati dopo che un sub li avvistò nel mare di Riace. A sostenerlo è lo scrittore Gioacchino Criaco. Le due statue bronzee di età magnogreca, secondo l'autore di "Anime nere", starebbero meglio nella Locride, terra di grandi tradizioni, polo culturale ed archeologico di primario interesse, ma anche comprensorio fra i più depressi d'Italia. L'idea, come spiega all'Agi, è dare vita a un distretto culturale nella terra in cui si parla il dialetto grecanico, retaggio della grandezza magnogreca insieme a testimonianze archeologiche di varie epoche, dalla villa romana di Casignana alla Cattolica di Stilo, solo per citarne alcune.

Sul suo profilo social Criaco rievoca quel lontano 16 agosto del '72 come «giorno fausto per la nascita e crudele perché li strappò alla propria casa. Ché certo il loro sgarbo agli Dei dev’essere stato più del doppio di quello che il Laertide commise fra le sacre mura di Troia».

Da sempre oggetto di discussione

In realtà i bronzi sono da sempre oggetto di contesa e di polemica e il post dello scrittore di Africo ha provocato critiche e consensi. Qualcuno vorrebbe per le due statue un tour nelle grandi città del mondo per consentire al maggior numero di persone di conoscerle, ma da Reggio, il cui museo li custodisce e che nei due giorni del ponte di Ferragosto ha registrato la cifra record di 7.000 presenze, il discorso è tabù: le statue non devono spostarsi, perché subirebbero danni e comunque, è l'opinione corrente, è in Calabria che i turisti devono venire per visitarli.

 

«Nei mesi passati - scrive Criaco - la Sfinge Metropolitana si è stizzita per la proposta di portare in missione mondiale le statue locridee: “dove sta il tuo diritto?”, dovremmo chiedergli noi nossidei, figli della montagna lucente, “quali sono i meriti, che favori e attenzioni hai dedicato alla nostra terra?”. A lagnarsi dovremmo essere noi, i defraudati, noi - aggiunge -  che ne patiamo la lontananza. E non è un discorso di campanili, di piccole divisioni paesane, la locride fu nazione, e di quei tempi ha il diritto e il dovere di conservarne i fasti. Ha un proprio museo che andrebbe solo adeguato per essere all’altezza dei suoi guerrieri, - sottolinea lo scrittore -  ma anche dei Dioscuri, il Cavaliere Marafioti, persino della benigna Dea che siede su un trono di pietra in terra straniera, a Berlino, e del Trono Ludovisi. Immaginatevela la Nazione Aspromontana: il museo, il teatro, gli scavi e due ali a mosaico, draghi a Kaulon e nereidi a Casignana, acque di sogno fra l’Amendolea e l’Allaro, e fronde odorose da Rhoghudi a Kaulon. Unica, una terra delle meraviglie. Lo potrebbe diventare se ci fossero una politica e un popolo adeguati. Non sarebbe uno sgarbo ai Reggini - precisa - solo un atto di Giustizia per i Locridei».

I Bronzi per ritrovare una via culturale ed economica

Non c’è, dice Criaco, «una sola ragione perché i Bronzi non stiano a casa loro, nostra, perché non ci possano aiutare a trovare una nostra via culturale e anche economica. La verità è che i torti non ce li fanno solo quelli che stanno lontano. Anche fra di noi lo usiamo il sopruso. E il problema non è rischiare di compromettere l’integrità dei Bronzi, facendoli viaggiare. Il problema è solo quello di avere il coraggio di fargli fare un ultimo viaggio, 94,6 chilometri, per riportarli, finalmente, a casa, accompagnati da Cavalieri, Dee, Guerrieri. Ci fossero i quindicimila eroi del Sagra, la Sfinge non si sarebbe presa l’acqua di Mana Gi, non avrebbe trattato con superbia e indifferenza la nostra gente a Natile. I nostri ragazzi - aggiunge - non si sarebbero dispersi nel mondo e la mafia stracciona sarebbe svanita fra la spuma dello Jonio».

 

All'Agi Criaco spiega che la sua non è una provocazione estiva. L'idea è quella di affrancare la locride dal sottosviluppo, valorizzandone le risorse, in primis la cultura di cui è ricca. «I distretti culturali hanno cambiato il volto di molte città» dice. «È accaduto a Bilbao e Mazara del Vallo. Non c'è studio – spiega lo scrittore - che non collochi la Locride agli ultimi posti in Italia per qualità della vità, occupazione, servizi. Questo territorio non può produrre soltanto emigrazione. Ci sono comuni completamente dimenticati. Non so se chi governa la città Metropolitana, il sindaco Giuseppe Falcomatà, sappia dov'è Natile di Careri. Per la Locride servono progetti. Le nostre risorse sono il mare e il patrimonio archeologico, gli insediamenti ebraici, la lingua greca di Calabria e piccole attività economiche di nicchia. Reggio Calabria ha tante altre risorse, è una grande città, non ha bisogno dei bronzi. In tutta la Locride ci sono 136.000 persone rassegnate all'emigrazione, a chiedere il favore, e ci sono le devianze come in tutte le terre arretrate, ma c'è anche gente che si batte per cambiare le cose. In due giorni il museo di Reggio ha fatto 7.000 visitatori e l'ingresso era gratuito, mentre gli scavi di Monasterace ne hanno fatti registrare 2.000 e si pagava il biglietto».

 

Non c'è contrapposizione con il capoluogo metropolitano, ribadisce lo scrittore, che vive a Milano ma rientra spesso nella sua Calabria. «C'è solo la necessità - spiega - che le istituzioni reggine, dove la Locride non è ben rappresentata, abbiano più interesse verso questa parte dell'area metropolitana. Mancano i progetti e quando c'è una proposta viene vista con fastidio, sia da parte degli amministratori metropolitani che da parte di quelli locali che non vogliono polemizzare. Alla politica interessano soltanto i voti e allora - dichiara allo scrittore calabrese - ai miei concittadini rivolgo un appello: date il vostro consenso solo a persone che abbiano progetti».