Piazza un palco sul viale principale del paese, fai salire un cantante e la sua band, ed anche così in Calabria si fa cultura in maniera originale. Lo sanno bene a Laureana di Borrello, dove l’altra sera – nell’ambito dei festeggiamenti civili in onore della Madonna del Carmine – un concerto di Alberto Bertoli è stato seguito da un pubblico caloroso, arrivato anche per omaggiare il figlio del compianto cantautore, Pierangelo. «Le feste di piazza – ha dichiarato Alberto Bertoli – sono un momento emozionante atteso tutto l’anno dalla comunità. È come se noi arrivassimo a bussare alla porta di tutti per dire venite che suoniamo per voi: un rapporto unico che al Nord si sta perdendo».

Bertoli, che si è esibito con la formula  assieme a Roberto Carlotto e I Giullari, ha ricordato anche il suo rapporto speciale con la Calabria - «ci vengo sempre con piacere anche perché il mio manager e diversi musicisti della band sono di qui» - e, ovviamente, ha ricordato la scelta fatta per il suo repertorio. «Ho tenuto aperta la bottega di famiglia – ha detto scherzando – proponendo brani di mio padre e brani miei, tutti interpretati attraverso la mia chiave che predilige il rock». Parla da figlio d’arte emancipato, il cantante sassuolese.

«Io sono ormai tante cose insieme – ha proseguito – se ho scelto di fare musica, pur essendomi formato con gli studi in un altro campo, è perché sono orgoglioso di avere avuto un padre come lui». E risponde sulle domande intorno a questa eredità morale e artistica. «Mio padre era un’artista in un’epoca in cui si usava ancora il termine handicappato – ha raccontato – sapeva che la sua condizione di cantante in carrozzella era un limite, ma voleva e sapeva superarlo finendo per diventare un esempio anche per gli altri». E, dopo la pandemia e la guerra, cosa avrebbe detto suo padre di questa crisi della “canzone di rivolta” ? «Che è un periodo di merda – ha concluso Alberto Bertoli – con un carovita alle stelle: la gente veramente non sa più come reagire».