C’è la Calabria della ‘ndrangheta nella nuova serie Tv di Roberto Saviano

ZeroZeroZero, tratta dall’omonimo libro-inchiesta dello scrittore partenopeo, è stata presentata oggi al Festival del cinema di Venezia: «I mafiosi sono disposti al sacrificio, sono gli ultimi calvinisti del mondo»

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di E. D. G.
6 settembre 2019
23:08
Il regista Stefano Sollima e lo scrittore Roberto Saviano
Il regista Stefano Sollima e lo scrittore Roberto Saviano

C’è la Calabria nella nuova serie ispirata all'ultimo libro di Roberto Saviano. E c’è la Calabria perché c’è la ‘ndrangheta. E c’è la ‘ndrangheta perché c’è la cocaina. Fiumi di cocaina, che dalla Colombia, dove viene prodotta, inonda i mercati europei grazie alla mafia calabrese. Non è una novità. È ciò che ci racconta la cronaca da almeno tre decenni, è ciò che ci spiega con dovizia di particolari il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri nei suoi libri e nelle sue inchieste giudiziarie.
Ma stavolta la conoscenza sarà globale, perché ZeroZeroZero – questo il titolo della serie tv che arriverà sul piccolo schermo nel 2020 - promette di replicare il successo internazionale di Gomorra, esportata in oltre 60 paesi in tutto il mondo.

Dalle Vele di Secondigliano all'Aspromonte

Questa volta, però, sullo sfondo non ci saranno le Vele di Secondigliano, non ci sarà la criminalità partenopea a dominare la scena, ma il narcotraffico internazionale, di cui la ‘ndrangheta è un ingranaggio indispensabile. Tratta dall’omonimo libro di Saviano, per la regia di Stefano Sollima (lo stesso di Gomorra, Romanzo criminale e Suburra), ZeroZeroZero è stata presentata oggi come evento fuori concorso alla 76° edizione del Festival del cinema di Venezia, con la prima mondiale dei due episodi iniziali.
Nel puzzle di storie che cominciano dall’ordine di acquisto di droga da parte di un clan della 'ndrangheta, le 8 puntate della prima stagione svelano i meccanismi con cui l'economia illegale diventa parte dell'economia legale e come entrambe siano collegate a una spietata logica di potere e controllo che influenza le vite e le relazioni delle persone.


La cocaina come il petrolio

«La cocaina - ha detto Saviano nel corso dell’incontro con la stampa – è l’unica materia comparabile al petrolio, la facilità con cui può essere venduta non ha eguali. Se io le dessi ora un sacchetto di cocaina - ha aggiunto rivolgendosi ad una giornalista - lei la venderebbe prima ancora di lasciare il Palazzo del Cinema, al contrario ad esempio di un sacchetto di diamanti. E perché la cocaina regna? Perché la vita è una merda, ti fa sentire sempre troppo brutto, troppo povero, troppo grasso, ti fa lavorare sempre di più e infatti la prendono operai edili, tassisti, chirurghi, la cocaina ti attiva con il mondo, al contrario dell'eroina che ti disattiva. Ecco perché muove l'economia».

«Legalitazzatela»

La cocaina, perciò, ha sostenuto Saviano, «andrebbe legalizzata, solo così si bloccherebbero i pozzi di petrolio delle organizzazioni criminali. La legalizzazione trasformerebbe l'economia mondiale: il narcotraffico di cocaina attraversa il mondo legale, gli dà forza, liquidità». Parole che hanno innescato immediatamente forti polemiche, con diversi esponenti politici che hanno condannato le convinzioni dello scrittore napoletano.

Fabbrica di milionari

Sceneggiate da Leonardo Fasoli e Mauricio Katz, gli 8 episodi della serie «non spettacolarizzano la droga, ma ne mostrano il valore assoluto in termini economici tappa dopo tappa». «Un chilo di coca - ha spiegato Saviano - costa in Colombia all’origine 2000 euro, che diventano 15mila in Messico, 27mila in America, 54mila in Italia, 70mila in Inghilterra, 45mila in Spagna. Con 10mila euro di cocaina diventi milionario: da 1 chilo ne ricavi, tagliandola, almeno 3 che diventano con 3000 dosi un guadagno di 200mila euro, che salgono a 300mila se la tagli con schifezze per le periferie del mondo».

«I mafiosi sono gli ultimi calvinisti»

Girata in tre continenti - America, Europa e Africa - in sei lingue, con riprese durate quasi un anno, la serie ha un cast internazionale con Andrea Riseborough, Dane DeHaan, Gabriel Byrne, Harold Torres, Giuseppe De Domenico, Adriano Chiaramida, Francesco Colella e Tcheky Karyo.
Nella prima puntata si vede un capo 'ndrangheta nascosto sottoterra in Aspromonte: «Sono l'ultima classe dirigente disposta al sacrificio. A loro non interessa il denaro, ma il potere e per questo sono disposti a odio, solitudine, carcere. Per questo spesso hanno una religiosità quasi mistica: i mafiosi - ha concluso Saviano - sono gli ultimi calvinisti del mondo».

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