Zona Franca, la bomba piazzata per spaventare i carabinieri

L'ordigno fu fatto esplodere dinnanzi alla caserma di Pianopoli per intimidire i militari dell'Arma che indagavano su un vasto giro di spaccio. Il procuratore Curcio: «Atto eversivo»
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di Tiziana Bagnato
16 maggio 2018
13:59

«Al limite dell’atto eversivo». Così il procuratore della Repubblica Salvatore Curcio ha definito l’atto intimidatorio rivolto contro la caserma della Compagnia dei carabinieri di Pianopoli lo scorso 5 giugno e di cui le indagini illustrate oggi hanno permesso di inquadrare autore e matrice del gesto.

 



L’ordigno avrebbe dovuto intimidire i carabinieri e allentare la pressione delle attività investigative relative allo spaccio nella zona. C’è anche questo tra gli episodi venuti alla luce durante le investigazioni condotte dal Nucleo Investigativo del Gruppo e della Compagnia di Lamezia Terme nell’ambito dell’operazione Zona Franca. In otto sono indagati, per sei è scattata un’ordinanza di custodia calutelare ai domiciliari e per due in carcere.

 


A fare posizionare l’ordigno poi esploso davanti alla caserma dei Carabinieri sarebbe stato il bulgaro Fiorenza Naiden che, sentitosi il fiato sul collo da parte degli uomini dell’arma, avrebbe dato ordine al suo braccio destro Ottavio Stranieri di mettere in moto l’azione intimidatoria.

 


Le indagini sono iniziate a maggio 2017 per terminare a gennaio 2018 documentando l’esistenza di una piazza di spaccio diventata riferimento per tutta la zona. Gli affari erano legati principalmente al traffico di marijuana e di cocaina. A distribuire quanto poi doveva essere smerciato sarebbe stato Mario Gigliotti, detto Faina, rivolgendosi al turco Guzel Oguz e Pierfrancesco Nicotera per la marijuana e Giancarlo Mascaro e Luigi Gigliotti per la cocaina.

 


Tutto organizzato nei minimi dettagli, utilizzando anche parole chiave, come il termine “birretta” al posto delle sostanze stupefacenti. Sistemi che non hanno però eluso gli uomini dell’Arma che, tramite intercettazioni, appostamenti e riscontri, sono riusciti a documentare gli incontri, la cessione della droga il tariffario.

 

Decine le dosi concordate telefonicamente e poi smerciate ogni giorno. Ma le attività investigative, partite dallo spaccio, avrebbero anche appurato la disponibilità da parte degli indagati di armi da fuoco.

 


L’arresto di Fiorenza Naiden per la detenzione di un fucile clandestino con il quale era sceso in strada sparando all’impazzata allo scopo di intimidire un suo zio con il quale era entrato in contrasto, e quello a distanza di poco di Stranieri, incastrato dalle immagini di videosorveglianza, avrebbero permesso agli inquirenti di acquisire ulteriori e determinanti elementi come i dettagli sul posizionamento della bomba, sul possesso di altre armi e anche sulla pianificazione di un omicidio per il quale era stata rubata una moto, poi fortunatamente rinvenuta dai carabinieri.

 

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Giornalista
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